
La presa di posizione dei nove eurodeputati socialisti croati e sloveni ha chiaramente indignato Fratelli d’Italia, che si era fatta promotrice della mostra divenuta (purtroppo) materia di scontro politico. “La richiesta delle sinistre slovene e croate di rimuovere la mostra dedicata alla tragedia delle foibe e dell’esodo italiano da Istria, Fiume e Dalmazia, è una pagina molto buia per il Parlamento europeo”, ha dichiarato in una nota il capodelegazione di Fratelli d’Italia-ECR al Parlamento europeo, Carlo Fidanza. Si tratta, ha proseguito l’esponente meloniano, della “triste conferma che c’è chi ancora, a 80 anni di distanza, non si rassegna a veder riconosciuti la verità storica e un ricordo dignitoso per le vittime delle atrocità dei titini”. “Nel corso dell’inaugurazione della mostra, promossa dal collega Stefano Cavedagna e dalla delegazione di Fratelli d’Italia con il supporto delle associazioni ANVGD e Comitato 10 Febbraio, tutti gli intervenuti hanno richiamato il valore della riconciliazione. Significativa la partecipazione di colleghi sloveni del PPE, il cui ultimo governo ha contribuito a svelare centinaia di foibe in territorio sloveno in cui il regime di Tito trucidò migliaia di innocenti. Le foibe sono state una tragedia italiana ed europea, non sarà un manipolo di nostalgici filo-titini a condannarla di nuovo all’oblio”, ha concluso Fidanza. Sdegnata anche la reazione del senatore di Fratelli d’Italia, Roberto Menia, vicepresidente della commissione Esteri e Difesa. Quanto accaduto – ha affermato il parlamentare – “dimostra come non si sia disposti, da quelle parti, ad ammettere il vero e proprio genocidio compiuto dalla Jugoslavia comunista ai danni degli italiani della costa orientale adriatica, spazzando via una presenza bimillenaria che resiste ormai quasi solo nelle pietre, nell’arena di Pola, nei campanili veneziani ed in una piccola e residuale minoranza. Uno scolorito riflesso di ciò che la presenza italiana è stata”. Di tono simile la reazione di Nicola Procaccini: “Pensavamo che il dolore e le sofferenze di migliaia di italiani del confine orientale, causati dalle violenze dei comunisti titini, fossero una pagina di storia acquisita alla memoria comune. Invece, fa male constatare come tutto questo sia oggi messo in discussione dagli europarlamentari del gruppo Socialista”, ha accusato Procaccini.
A ribadire le ragioni della lettera ci ha pensato però uno dei firmatari, l’eurodeputato socialista sloveno Nemec, che, a margine dei lavori della plenaria di Strasburgo, ha osservato che la mostra voluta dai meloniani “racconta che quanto è accaduto nelle foibe è accaduto solo agli italiani. Ma questo non è vero: è accaduto a italiani, sloveni, serbi, croati e tedeschi in territorio italiano e jugoslavo” e queste “sono cose che vanno raccontate nel modo giusto”. “Ci fa grande dolore vedere giovani, come è accaduto a Bologna, rivendicare territori come Fiume, Dalmazia e Istria usando slogan di altri tempi”, ha aggiunto Nemec che poi, rivolgendosi a Giorgia Meloni, le ha chiesto “perché non fosse presente all’inaugurazione della Capitale europea della Cultura a Gorizia” assieme al presidente Sergio Mattarella e alla presidente slovena Nataša Pirc Musar “a raccontare la storia dei rapporti tra le due nazioni con un’empatia europea invece di rischiare di ripetere gli errori fatti dei nostri nonni”. Stando a fonti parlamentari, la conferenza dei capigruppo ha affrontato il tema sollevato dai nove eurodeputati socialisti, ma senza prendere alcuna decisione a riguardo. La mostra rimarrà dunque esposta fino al suo termine previsto per oggi, venerdì 14 febbraio.
Il ministro degli Affari esteri ed europei croato Gordan Grlić Radman si è unito intanto agli esponenti istriani alla condanna della “provocazione di un gruppo di esponenti del movimento di destra italiano Gioventù Nazionale, che ha srotolato a Bologna uno striscione con la scritta Istria, Fiume e Dalmazia – terre italiane”. “Questo è inaccettabile, condanniamo questo atto, è una provocazione spudorata. Nell’Europa libera di oggi non c’è posto per alcun revisionismo, compreso questo, ha affermato Gordan Grlić Radman.
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