Monte Madonna. «La guardiana del Quarnaro»

A due passi da Sissano c'è un area che si oppone alla prepotenza del progresso e si limita ai raduni per grigliate, rimanendo un punto di passaggio per escursioni «trekking» e un luogo dove fermarsi durante le visite

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Monte Madonna. «La guardiana del Quarnaro»

A camminare da quelle parti si intravvedono scorci di bellezza rara e non (ancora) intaccata, inseriti lungo una costa frastagliata, un luogo di pace, di autentica grazia e fascino particolare, che potrebbe avere tutti i requisiti per diventare un parco Mediterraneo fatto di chilometri costieri di felicità allo stato brado. Questa è la cornice paesaggistica entro la quale s’inserisce Monte Madonna, orgoglio di Sissano, che è poesia di rientranze e sporgenze rocciose, sovrastate da un nastro di raso verde che ondulato costeggia quasi sempre il mare. Bello da trattenere il fiato, patrimonio naturale con ancora pochi turisti invadenti e fuori dalle rotte edilizie dell’industria dell’ospitalità. Ormai muta testimone del silenzio che vi regna in cima alla collina, la fortezza dell’epoca jugoslava costruita nel pieno dell’era della Guerra fredda, rivela che qui fu anche zona militare top secret, mentre era ancora memore della sua vecchia Chiesa della Santa Vergine Maria, un tempio eretto per celebrare il felice epilogo di una storiella leggendaria. Oggi Monte Madonna resiste ancora, si oppone alla prepotenza del progresso della civiltà e si limita ai raduni per grigliate, rimanendo un punto di passaggio per escursioni “trekking”, luogo di visite guidate che è anche stato scelto per la piacevole “Pedalata dell’amicizia”, promossa di recente dalla Comunità degli Italiani di Sissano in collaborazione con l’Unione Italiana.

 

La leggenda di Monte Madonna
Tra tanto di susseguirsi di morbidi rilievi ricoperti da ricca vegetazione, ma anche da campi (dis)ordinati, sentieri sterrati, distese cespugliose, invadenti “spini de samer” e ginestre tra le pietre, si respirano i trascorsi storici, scendendo fino all’epoca del mito. A questo punto lasciamolo raccontare da coloro che solitamente sono ingaggiati a fare da guida in qualità di interpreti esperti del patrimonio culturale del comune di Lisignano. Il nostro primo cicerone su per Monte Madonna, che si solleva a 88 metri sopra il livello del mare a un solo chilometro e mezzo da Sissano, è Claudio Grbac. Il quesito è subito posto. Ma da dove deriva il nome di Monte Madonna? Da una leggenda invero bizzarra.
“Si racconta – così il nostro interlocutore – che in una profonda buca praticata nel monte, vivesse un mostruoso dragone, ai quali i Sissanesi dovevano ogni mese offrire in pasto una fanciulla tratta a sorte tra le più avvenenti del paese. Un misero padre, la cui figlia doveva all’indomani essere condotta all’orribile mostro, per sfuggire al pianto disperato della famiglia, andò vagando intorno al monte, con la morte nel cuore e con il proposito di morire piuttosto che abbandonare la figlia adorata alle ingorde zanne del drago. Ed ecco. Mentre questi dondolando agitava in mente i più strani e ardimentosi proponimenti, gli si accostava una donna di celestiale bellezza, cinta di un aureo diadema, bianca di neve la veste e piena di inenarrabile dolcezza. Ella soavemente lo confortò e gli insegnò il modo di ammansire la fiera crudele e di ucciderla. Era la Madonna. E l’uomo, pieno di coraggio, durante la notte entrò nella spelonca, e con le virtù di misteriose cerimonie, riuscì a legare e a condurre a Sissano il mostro, reso mansueto e tranquillo come un agnello. La gioventù del luogo gli montò sopra giubilante, tra il plauso del popolo commosso e il padre felice poté infine colpirlo al cuore e stenderlo esanime al suolo. Era il giorno dell’invenzione della S. Croce, il 3 di maggio. Il popolo decise allora di erigere sul monte una chiesetta in rendimento di grazie alla Madonna che lo aveva liberato dall’obbrobriosa schiavitù e fece voto di recarvisi ogni anno in solenne processione, alla quale prendevano parte anche gli antichi abitanti di Altura. Alla fine della processione si benediva il mare”.
La data del 3 maggio
Spiega Claudio Grbac, aggiungendo altra storia alla storia, che il 3 maggio iniziava l’anno amministrativo del Comune di Sissano e che il medesimo era retto da una fattispecie di duumvirato, ossia da due merighi che si scambiavano al potere ogni sei mesi. Gli stessi venivano scelti dai dadodici, diremmo oggi dai consiglieri comunali, che non erano altro che rappresentanti di famiglie sissanesi.
“Ogni tradizione popolare – dice la guida – ha tra la fioritura della fantasia un substrato di verità. A quale fatto storico si riferisce la leggenda? La festa dell’Invenzione della Santa Croce è stata introdotta in tutto l’Occidente quando si seppe che l’Imperatore Eraclito la riebbe da Siroes e la consegnò a Zaccaria, patriarca di Gerusalemme, il 3 maggio dell’anno 628. Dunque verso l’800 questa festa era certamente introdotta anche in Istria. Non si esclude, addirittura, che il famoso dragone raffigurasse il duca Giovanni che aveva usato un sacco di angherie contro gli Istriani e gli abitanti del territorio di Sissano, giacché la casa Zerontiaca e il casale Orcevan di cui il duca s’era impadronito si trovavano nel suo territorio. Comunque sia, la leggenda ha una base storica, e il giorno 3 di maggio viene considerato a Sissano come festivo. Riguardo all’origine della festa, vi è anche un’altra tradizione, che pure se priva di fondamento, viene ripetuta da persone che sdegnano le fiabe del popolino Si narra che S. Elena, ritornando per mare da Gerusalemme, con pane della Croce e coi chiodi che servirono al supplizio di Gesù Cristo, fosse stata sorpresa nel Quarnero da un’orrenda burrasca, che minacciava di sfasciare la nave. Perduta ogni speranza di salvezza, l’imperatrice avrebbe allora gettato in mare uno dei chiodi e il mare si sarebbe tranquillizzato. Si narra che i Sissanesi eressero la chiesetta dedicata alla Madonna nel lontano 1252. Nei suoi “Cenni storici di Sissano”, del 1911, Valeriano Monti menziona che ‘nelle campagne di Sissano esisteva (tra le altre) la chiesetta della Madonna del Monte’. La stessa fu demolita nel 1915 dagli Austroungarici iniziando cosi la costruzione del forte di Monte Madonna, quale parte integrante del sistema di fortificazione di Pola. Della chiesetta non rimase quasi niente, tranne la statua lignea della Madonna col bambino del 1480, che ancora oggi si custodisce sul altare sinistro della chiesa parrocchiale dei S. Felice e Fortunato a Sissano”.
La guardiana del Quarnaro
Proseguiamo con la passeggiata per Monte Madonna in compagnia di Helena Pola, che ci racconta gli eventi “reali” dopo il 1918, ovvero dopo la partenza dell’Austro-Ungheria da questa regione, quando questa struttura fortificata fu utilizzata dagli eserciti italiano, tedesco, jugoslavo e croato e che per la sua importanza strategica venne nominata “la guardiana del Quarnaro”, proprio perché assieme al forte di Monte Asino sull’isola di Lussino impediva il tragitto verso Fiume.
Una fortezza top secret
“La fortezza jugoslava – spiega la guida – fu costruita durante la guerra fredda, negli anni ‘50, all’interno del già esistente sistema di fortificazione di Pola, il medesimo che un tempo rese sicuro il porto di Pola in regime di guerra e fu utilizzato per l’osservazione allo scopo di salvaguardare e controllare la più ampia direzione marittima nelle acque del Golfo del Quarnero. Questo forte era stato progettato e gestito nel completo segreto. Fu categorizzato: Top Secret Bunkers – Stazioni segrete su Monte Madonna. Nessuno della gente del luogo ebbe possibilità di ascesso ne seppe che cosa si trovava in questo luogo”. Da un’altitudine di circa 80 metri, scendiamo a 30 metri sotto la superficie di una collina intersecata da un complesso sistema di canali. L’edificio è realizzato in cemento speciale in cui è mescolata la pietra focaia, che è più comune nei fiumi e che gli conferisce una forza e una resistenza speciali alle esplosioni. Da notare che tutti gli ingressi erano ben nascosti da porte blindate e reti mimetiche. Entriamo attraverso la porta principale scavata nella roccia viva e scopriamo alcune parti conservate del riflettore utilizzato per l’osservazione e la segnalazione, il cui raggio poteva raggiungere metà del golfo del Quarnero. Dopo aver camminato lungo gli stretti corridoi, possiamo dare un’occhiata a una piccola, ma funzionale base militare adibita a dormitorio per 24 soldati, ad ambulatorio e una sala di comando e controllo. “Merito delle organizzazioni locali e dei volontari, se l’intera struttura dà l’impressione di versare in condizioni eccellenti. Nelle gallerie, per una lunghezza totale di mezzo chilometro, le pareti sono state ridipinte e l’aria non è stagnante grazie al sistema di ventilazione funzionale anche oggi. La temperatura è costante e varia da 12 a 15 gradi durante tutto l’anno. Oggi, questa struttura che fungeva da stazione di osservazione e segnalazione e da batteria costiera, è uno dei pochi, esempi di conservazione del patrimonio fortificato e dell’architettura militare dell’ex JNA di Pola, una ‘città sotterranea’ di proprietà della Repubblica di Croazia”, ha concluso Helena Pola.

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