
Tre mesi dopo il dibattito in sessione plenaria, il Parlamento di Zagabria ha approvato ieri con 116 voti favorevoli, cinque contrari e tre astenuti la Legge sul registro centrale della popolazione, che sarebbe dovuta entrare in vigore il 1° gennaio e la cui adozione eliminerà la necessità di ricorrere al Censimento della popolazione. La Legge infatti istituisce il Registro centrale della popolazione, che sostituirà il Censimento. Si tratterà di un archivio ufficiale gestito elettronicamente, in cui i dati provenienti da archivi e registri separati saranno automaticamente collegati. Il tutto sarà gestito dal Ministero delle Finanze, ovvero dall’Amministrazione fiscale. I dati dovrebbero essere aggiornati automaticamente ad ogni modifica in tempo reale. Il Registro conterrà i dati dei cittadini croati residenti in Croazia, degli stranieri residenti o soggiornanti in Croazia e dei cittadini croati residenti all’estero. Conterrà dati obbligatori sul numero e sulla distribuzione spaziale dei residenti sul territorio della Repubblica di Croazia in base alle caratteristiche sociali, economiche, educative, migratorie, abitative e di altro tipo, dati sulla parentela e sul nucleo familiare, che includeranno il codice fiscale ovvero l’OIB, i dati su nascita, morte e cittadinanza, matrimonio o unione di fatto, su genitori e figli, tutori, luogo di residenza e soggiorno temporaneo, disabilità. Questi dati, sottolinea il Governo, consentiranno un calcolo realistico del reddito per membro del nucleo familiare e saranno utilizzati per indirizzare meglio le misure di politica sociale, i diritti sociali e di altro tipo, per condurre ricerche statistiche, sociali, economiche e di altro tipo, per elaborare dati per i quali esiste una base giuridica e per l’efficiente svolgimento di procedure amministrative, fiscali e di altro tipo. Per ogni persona registrata nell’Anagrafe Centrale verranno generati dati sulla parentela e sul nucleo familiare. Grazie allo scambio digitale di dati, i cittadini saranno sollevati amministrativamente dall’onere di espletare determinate procedure e ciascuno potrà richiedere all’Amministrazione fiscale l’accesso ai propri dati.
Erosione numerica
Fin qui tutto bene. La questione dolente dall’ottica delle minoranze arriva adesso. Il Registro infatti conterrà anche una sezione speciale che potrà contenere informazioni su relazioni extraconiugali o unioni di fatto, religione, lingua madre e nazionalità, ma solo sulla base di dichiarazioni volontarie. In altre parole, da queste dichiarazioni volontarie che potranno essere presentate all’Amministrazione fiscale dipenderanno una serie di diritti delle etnie, finora vincolati ai dati del Censimento. E trattandosi di dichiarazioni volontarie c’è il rischio di un’ulteriore erosione numerica degli appartenenti alle etnie, almeno dall’ottica formale. Con ricadute negative sul livello dei diritti. Nel caso della CNI, essendo i diritti definiti in buona parte dagli Statuti ed essendo i diritti acquisiti tutelati per legge, i riflessi saranno minori nel caso di un calo numerico, ma inevitabilmente ci saranno.
Emendamenti governativi
Che l’argomento sia eccome delicato lo dimostra il fatto che i parlamentari hanno discusso il progetto di legge in due letture, a luglio e a dicembre dell’anno scorso, ma si è atteso molto a lungo che fosse inserito nell’ordine del giorno per la votazione. Proprio a causa del nodo nazionalità. Il presidente del Parlamento ha deciso di sottoporre ai voti la normativa soltanto dopo che il Governo l’ha modificata e perfezionata con diversi emendamenti presentati nei giorni scorsi. La piena attuazione del Registro sarebbe dovuta iniziare a giugno 2026 e da quel momento in poi esso (e non più il Censimento del 2021) sarebbe dovuto diventare il database centrale sulla struttura demografica della Croazia. Secondo la proposta originale, i dati ufficiali del Censimento del 2021 avrebbero dovuto continuare a costituire la base per l’esercizio dei diritti delle minoranze nazionali fino al 31 dicembre 2033. Ciò significa che fino al 31 dicembre 2033 le minoranze nazionali avrebbero avuto diritto a propri rappresentanti parlamentari, consiglieri locali, vicesindaci e sindaci, vicepresidenti di Regione, Consigli e Rappresentanti delle minoranze, nonché all’uso ufficiale e paritetico della lingua minoritaria sulla base dei dati del Censimento del 2021, e che solo dal 2034 i diritti delle minoranze si sarebbero basati sui dati del Registro centrale della popolazione.
«Etnobusiness»?
A opporsi a questa soluzione era stato il Most, il cui deputato Miro Bulj aveva sostenuto che essa “pone le minoranze in una posizione privilegiata rispetto ai croati, che si tratta di etnobusiness e di mantenimento di posizioni politiche”. Il governo ha ora modificato parzialmente questa disposizione, stabilendo che fino al 31 dicembre 2033 tutti i diritti, non solo delle minoranze nazionali, ma anche del popolo croato, che sono condizionati dalla presenza numerica sul territorio, saranno determinati in base ai risultati ufficiali del Censimento della popolazione del 2021 e, solo dopo tale data, in base ai dati del Registro centrale della popolazione.
Confronto Grmoja-Bilek
Inevitabili, con il clima che si respira nel Paese, le polemiche ieri in Aula prima del voto. Il deputato del Most ha chiesto a cosa serva il Registro della popolazione se poi non verrà utilizzato. “Con l’emendamento del governo, stiamo praticamente posticipando l’attuazione del Registro fino al 2033, solo per permettere ad alcune persone di mantenere i propri diritti, e mi riferisco alle minoranze nazionali, che lo utilizzano sulla base di un numero irrealistico”, ha sostenuto Nikola Grmoja. A ribattergli per le rime è stato Vladimir Bilek (Gruppo delle minoranze nazionali), il quale ha affermato che Grmoja ha insultato tutti i parlamentari delle minoranze nazionali propinando menzogne, al che il deputato del Most ha replicato di aver solo avvisato del fatto che l’attuazione del Registro sarebbe stata posticipata al 2033.
Nemmeno un appartenente…
Bilek ha risposto prontamente: “L’applicazione del Registro non viene rinviata. L’emendamento tra la prima e la seconda lettura fa riferimento al fatto che nella prima lettura si è omesso di allineare la normativa alla Legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali, perché dal 1° gennaio 2026, secondo questa, in Croazia non ci sarebbe più un solo membro di una minoranza nazionale, il che sarebbe incostituzionale”. Anche Armin Hodžić (Gruppo delle minoranze nazionali) ha accusato Grmoja di “trarre in inganno l’opinione pubblica”, mentre Arsen Bauk dell’SDP ha sottolineato che l’attuazione del Registro, ovvero l’articolo 45, non verrà posticipata al 2033, bensì al 2037.
Quale uso dei dati?
L’emendamento governativo è stato sostenuto da 111 parlamentari, mentre cinque si sono espressi contro. E poiché la Legge sarebbe dovuta entrare in vigore il 1° gennaio, il Governo ha modificato anche questa data: quindi entrerà in vigore l’ottavo giorno dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, con 109 deputati che hanno votato a favore, mentre cinque si sono espressi contro e uno si è astenuto. Sono stati respinti gli emendamenti del deputato del Partito democratico autonomo serbo (SDSS) Milorad Pupovac, che richiedevano all’Amministrazione fiscale di informare i cittadini sugli enti pubblici che accedono ai loro dati personali se l’accesso e il trattamento dei dati personali sono diversi dallo scopo della raccolta dei dati, nonché di garantire ai cittadini il diritto alla rettifica, alla cancellazione e alla limitazione dell’uso dei dati personali inseriti nel Registro sulla base di dichiarazioni volontarie.
Fra una decina d’anni, dunque, si dovrà necessariamente tornare a parlare di diritti delle minoranze e di clausole numeriche, con l’auspicio che fino ad allora si riesca ad affrontare con serenità l’argomento e si trovi un modo per evitare che la tutela delle etnie dipenda da un balletto di cifre…
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