Lo «smartworking» è il nostro futuro

La tavola rotonda si è svolta nell’ambito del progetto «DEVOTE Developing of teleworking future», avviato dall’HUP, in collaborazione con il Sindacato del settore petrolifero e l’Associazione dei datori di lavoro della Norvegia

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Lo «smartworking» è il nostro futuro

La pandemia causata dal Covid-19 ha cambiato letteralmente le nostre vite e le nostre abitudini. In primis il modo di lavorare o di studiare che da un giorno all’altro si è trasformato in un lavoro da remoto o in una didattica a distanza. Cambiamenti ai quali ci siamo dovuti adeguare da un giorno all’altro. Dopo quasi due anni caratterizzati da questa nuova realtà, è giunto il momento di tirare le somme e vedere la parte positiva e quella negativa dello smartworking. Ieri mattina l’hotel Bonavia di Fiume ha fatto da padrone di casa alla conferenza intitolata “Il futuro del lavoro da remoto”, al quale hanno preso parte vari relatori, tra i quali Damir Zorić, direttore generale dell’HUP (Hrvatska udruga poslodavaca – Associazione croata dei datori di lavoro), Daliborka Štulić, del settore risorse umane dell’INA, Henrik Munthe, avvocato dell’Associazione dei datori di lavoro della Norvegia e membro del team nel progetto DEVOTE, Jasna Pipunić, presidente del Sindacato del settore petrolifero, Dražen Opalić, viceministro presso il Ministero del Lavoro, Sistema previdenziale, Famiglia e Politiche sociali e Nenad Seifert, direttore dell’Ufficio regionale dell’HUP di Fiume.

In prima fila Henrik Munthe, avvocato dell’Associazione dei datori di lavoro della Norvegia

Rispetto della privacy

Da ricerche effettuate a livello globale, è stato appurato che tra breve ci saranno oltre 100 milioni di persone che lavoreranno al di fuori dell’ufficio. D’altra parte, in base agli ultimi dati dell’Eurostat, durante il 2020 in Croazia soltanto il 3,1% dei dipendenti ha lavorato da remoto, mentre la media europea ammonta al 12,3%. La pandemia ha però accelerato questo processo facendo sì che quasi il 30% delle persone abbia lavorato da casa a causa del Covid, mentre durante i mesi estivi la percentuale ha superato il 30% ai quali si è aggiunto un ulteriore 5% che ha lavorato da altre destinazioni. Purtroppo però la legislazione croata non riconosce a pieno e letteralmente il significato del lavoro da casa. Damir Zorić ha dichiarato che la nuova tecnologia e le forme di lavoro più flessibili permettono a un gran numero di dipendenti di lavorare da remoto. “Bisogna però regolare il rapporto tra datore di lavoro e dipendente, che non deve essere a senso unico, ma deve esistere un accordo tra le parti. Purtroppo esistono professioni dove questo metodo di lavoro non è possibile”, ha detto Zorić. D’altra parte Jasna Pipunić ha voluto sottolineare che quando si lavora da casa devono venire stabiliti gli orari di lavoro, tutelata la salute e la sicurezza del dipendente, nonché, cosa fondamentale, la privacy e il diritto a staccare dopo otto ore di lavoro, senza dovere essere a disposizione sempre e comunque.

Damir Zorić, direttore generale dell’HUP

Soddisfazione e maggiore produttività

Daliborka Štulić ha presentato in modo concreto i dati riguardanti il lavoro da remoto che all’INA è in vigore già dal 2016, quando è stato messo in atto come un progetto pilota che prevedeva questo tipo di lavoro per 4 giorni al mese o anche di più su richiesta dei dipendenti. “La cosa che ha soddisfatto più di tutto i lavoratori è stato l’equilibrio tra la vita privata e quella lavorativa. Abbiamo dato la possibilità non solo di lavorare fuori dall’ufficio in orari che andavano bene ai dipendenti (flexitime) ma anche di farlo fuori dalle mura della propria casa (flexiplace), come ad esempio in una casa vacanza, al ristorante o al bar. Ed è stato un successone. Sono aumentate la produttività dei dipendenti e la loro soddisfazione. Tutto ciò ha portato un grande beneficio all’azienda. Il 94% dei dipendenti ha dichiarato di essere soddisfatto di questo metodo, il 99% ha detto di avere più equilibrio tra il lavoro e la vita privata e il 96% ha aumentato la propria produttività. Abbiamo ridotto del 16% le giornate di malattia e del 32% il lavoro straordinario. Prima della pandemia avevamo il 62% delle persone che sfruttavano questo metodo di lavoro, mentre durante la pandemia il 96%. Abbiamo delineato perfettamente i confini tra privato e lavoro, c’è stata un’ottima comunicazione. L’unico lato negativo è stata la mancanza di interazione e socializzazione durante il lockdown. Oggi l’82% degli intervistati vorrebbe continuare a lavorare da casa. Dobbiamo quindi cambiare urgentemente la Legge sul lavoro che al momento prevede soltanto il lavoro fuori dall’ufficio, ma non da remoto. Lo smartworking deve far parte del nostro futuro perché la tecnologia ce lo permette e lo abbiamo appurato in questi due anni”, ha detto Daliborka Štulić.

Necessari i controlli

Anche Henrik Munthe ha parlato dei benefici che il lavoro da remoto ha portato in Norvegia, sottolineando però che ci devono essere dei punti chiave da introdurre nelle nuove regolative riguardanti il lavoro da remoto, come la consultazione con i dipendenti e la possibilità che ci siano dei controlli per appurare se effettivamente il dipendente svolge il suo lavoro. “Ci sono posti di lavoro per i quali giornalmente possiamo vedere i risultati dei dipendenti, altri invece non lo consentono. Dobbiamo trovare una via di mezzo per potere assicurare questo metodo di lavoro anche dopo la pandemia. Ci sono lavori che non possono venire fatti da casa. In Norvegia al momento il 60% delle persone che hanno la possibilità di lavorare da casa, coglie quest’opportunità”, ha spiegato Munthe.

Dražen Opalić ha dichiarato che il governo non proporrà una nuova Legge sul lavoro senza prima avere un dialogo con i Sindacati e i datori di lavoro. “Il Ministero ha inviato una proposta che tra l’altro regola il lavoro al di fuori dell’ufficio. Riteniamo che le soluzioni proposte finora siano state sufficienti per quanto riguarda il lavoro da casa, ma siamo disposti a sentire pareri e proposte riguardanti il lavoro da remoto e la sicurezza di questa modalità”, ha detto Opalić.

La tavola rotonda ha avuto luogo nell’ambito del progetto “DEVOTE Developing of teleworking future” (Il futuro del lavoro da remoto), portato avanti dall’HUP, in collaborazione con il Sindacato del settore petrolifero e l’Associazione dei datori di lavoro della Norvegia.

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