La gastronomia e i punti d’incontro transadriatici

Ha suscitato grande interesse la conferenza/degustazione incentrata sugli scambi gastronomici, ospitata dal centro culturale Urania di Zagabria, nell’ambito della IX Settimana della cucina italiana nel mondo

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La gastronomia e i punti d’incontro transadriatici
Pesce alla saor / Foto Ronald (Roni) Brmalj

Lo sapevate che la gubana, uno dei fiori all’occhiello della pasticceria friulana, ha origini slave, forse croate? O che la ricetta del celebre risotto di Scradona (skradinski rižot), uno degli orgogli della cucina dalmata, è stata ideata dai domestici ingaggiati in loco dalle ricche famiglie veneziane che avevano la loro residenza nella zona e hanno introdotto nell’odierna Croazia l’uso del riso nella cucina?
Queste sono solamente due delle curiosità illustrare da Mattia Fiandaca communication & project manager della Fondazione Casa Artusi e da Velimir Cindrić, tra i più autorevoli critici enogastronomici in Croazia nel corso della conferenza “Il gusto che viene da oltre Adriatico: spunti italiani per la tavola croata”, moderata da Irina Ban. L’appuntamento organizzato dall’Istituto italiano di cultura (IIC) di Zagabria nell’ambito della IX Settimana della cucina italiana nel mondo che ha attirato nel centro culturale “Urania-Spazio creativo” di Zagabria un folto pubblico formato da gastronomi, chef e tanti buongustai.
A porgere il benvenuto ai presenti – tra questi la consigliera Maria Cristina Costa, vice capo missione in seno all’Ambasciata d’Italia in Croazia e Marilena Procaccio, neodirettrice dell’Ufficio ICE di Zagabria – è stato il direttore dell’IIC di Zagabria, Gian Luca Borghese. “Questo evento vuole essere un’occasione per compiere un viaggio sensoriale e culturale alla riscoperta delle radici, delle origini e dei legami tra Italia e Croazia”, ha rilevato il direttore dell’IIC, puntualizzando che la gastronomia è cultura. “Sicuramente uno dei suoi aspetti più piacevoli”, ha affermato Gian Luca Borghese, ringraziando gli sponsor della serata: la pasticceria friulana Dorbolò, la cantina vinicola Livio Felluga di Brazzano – Cormons (GO) e l’Atrox, la società zaratina che importa in Croazia alcune tre le migliori etichette di vini, liquori e spiriti italiani (a Zagabria ieri l’altro si sono potuti assaggiare anche alcuni prodotti della Luxardo).
“Lo studio della gastronomia ci spinge a confrontaci con il nostro lato umano, con la storia e i simboli della cultura”, ha affermato Irina Ban, citando le parole di Jelena Ivanivišević, dell’Istituto etnologico e per il folclore di Zagabria. Introducendo il tema della conferenza ha osservato che la gastronomia per certi versi nasce con la scoperta del fuoco, che molti considerano coincidere con l’inizio della civiltà. “Il fuoco è anche alla base dell’alchimia che consente di esaltare i sapori degli ingredienti del cibo”, ha notato la moderatrice affermato che la cucina è uno dei tratti antropologici che contraddistingue gli esseri umani.
Nel corso della serata sono stati analizzati tre piatti simbolo degli scambi gastronomici italo-croati: la pastissada (protagoniste quella equina proposta a Verona e quella di cinghiale tipica dell’isola di Brazza/Brač), il risotto – con l’Italia e la Croazia che rappresentano forse gli unici due Paesi in Europa nei quali tradizionalmente il riso si prepara in questo modo – e il saor. Quest’ultimo riflette la cultura del pesce conservato attraverso l’impiego di un elemento acido. Si è parlato, inoltre, della gubana un dessert che sembra unire la tradizione pasticciera italiana (friulana), quella germanica e quella dei Paesi dell’Europa orientale.
Al termine della tavola rotonda al pubblico sono stati serviti la saor e un risotto al pomodoro preparato dalla chef cittanovese Marina Gaši nonché la pastissada di cinghiale di Brazza (Brač) proposta da Zdravko Tomšić, uno dei pionieri della scena fine-dining in Croazia. Il tutto è stato accompagnato da alcuni vini della Livio Felluga (un Refosco dal penducolo rosso, un Pinot grigio e un Friulano). Per dessert la gubana della Dorbolò.

La preparazione alla saor consente di esaltare i sapori del pesce /Foto Ronald (roni) Brmalj
La preparazione alla saor consente di esaltare i sapori del pesce / Foto Ronald (roni) Brmalj
Foto Ronald (roni) Brmalj
Marina Gaši alle prese con la decorazione del pesce alla saor / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Marina Gaši alle prese con la decorazione del pesce alla saor / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Il pesce alla saor è per molti una prelibatezza / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Il pesce alla saor è per molti una prelibatezza / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Foto Ronald (Roni) Brmalj
Foto Ronald (Roni) Brmalj
Risotto al pomodoro / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Risotto al pomodoro / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Il menu della serata è stato ideato da Zdravko Tomšić (primo a sinistra) e Marina Gaši /foto Ronald (Roni) Brmalj
Il menu della serata è stato ideato da Zdravko Tomšić (primo a sinistra) e Marina Gaši /foto Ronald (Roni) Brmalj
Foto Ronald (Roni) Brmalj
Cosa bolle in pentola? Il risotto / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Velimir Cindrić, Mattia Fiandaca e Irina Ban /Foto Ronald (Roni) Brmalj
Velimir Cindrić, Mattia Fiandaca e Irina Ban /Foto Ronald (Roni) Brmalj
Gian Luca Borghese (Primo a destra) con due ospiti / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Gian Luca Borghese (primo a destra) d’intrattiene con due ospiti / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Gian Luca Borghese e due ospiti delle degustazione / Foto Ronald (Roni Brmalj)
Gian Luca Borghese e due ospiti delle degustazione / Foto Ronald (Roni Brmalj)
Una degustazione… da leccarsi i baffi / Foto Ronald (Roni) Brmalj
Foto Ronald (Roni) Brmalj

Il cibo e i legami culturali

“Spesso ragioniamo su ciò che abbiamo in comune dal punto di vista culturale e dello stile di vita. Facendo un pochino di ricerca ci siamo accorti, sia in Italia che in Croazia, che proprio nella gastronomia e nella cucina, che sono un patrimonio culturale riconosciuto, esistono questi punti di contatto. Alcuni piatti molto popolari, diffusi e conosciuti in Croazia hanno un’origine italiana, veicolata da Venezia e dal Veneto, ma in alcuni casi anche da altre Regioni rivierasche affacciate sul versante occidentale dell’Adriatico”, ha dichiarato il direttore dell’Istituto italiano di cultura di Zagabria, Gian Luca Borghese, illustrando com’è nata l’idea di organizzare una conferenza incentrata sui punti d’incontro delle cucine italiana e croata. “Penso – ha proseguito – che sia estremamente interessante e suggestivo, dal punto di vista culturale, ripercorrere la storia di questi piatti e degli alimenti che li compongono”. “E poi anche la possibilità di degustarli”, ha puntualizzato Gian Luca Borghese. “È molto interessante e bello – ancora il direttore dell’IIC di Zagabria – sottolineare come alcuni degli alimenti che in Croazia hanno assunto una certa caratteristica e vengono preparati in un certo modo hanno non solo un’origine italiana, ma anche il loro equivalente nella cultura gastronomica italiana. Perciò è anche interessante sottolineare l’evoluzione di questa gastronomia che attraverso l’Adriatico si è diffusa è ha assunto caratteristiche diverse, ma che allo stesso tempo testimonia i legami culturali che esistono tra le due sponde del Mare Adriatico”. “È molto bello lavorare su quella parte del patrimonio che abbiamo in comune”, ha rilevato Gian Luca Borghese, che ha svelato quali sono i suoi cibi preferiti.
Borghese ha poi condiviso con noi le sue preferenze gastronomiche. “Il pesce in saor è sicuramente uno dei miei piatti preferiti. In Italia, nel Veneto, nel Friuli è un modo per rendere, attraverso la marinatura nell’aceto e l’uso delle cipolle, molto appetitoso il pesce. Se ci pensate c’è dietro uno dei principi della cucina mediterranea, quello del riuso. Per cui puntare su degli alimenti che sono all’origine anche poveri e modesti, ma che grazie all’arte della gastronomia si arricchiscono diventando qualcosa di estremamente sofisticato e prelibato”. E per quanto concerne i dolci, il direttore dell’IIC di Zagabria ha svelato d’avere una passione particolare per quelli nella cui preparazione viene usata la frutta secca. (kb)

Cuochi italiani per l’élite croata

Nel corso dei suoi interventi Velimir Cindrić ha parlando come le radici della cucina croata affondino in quella romana, ellenica e probabilmente anche illirica. L’esperto si è soffermato sulla peculiarità della gastronomia dalmata, che da un lato lungo la costa presenta evidenti similitudini con quella italiana, o per meglio dire veneziana e dall’altro nel suo entroterra conserva piatti che non hanno assolutamente a che fare con il retaggio della Serenissima: il poljički soparnik (costituito da un impasto di bietola, cipolla e prezzemolo racchiuso tra due sfoglie cosparse di sale e olio d’oliva), il brodetto di rana pescatrice (o rospo), la kaštradina (un salame a base di carne di caprini od ovini), come pure la bikla (una bevanda ottenuta mescolando in parti uguali vino e latte di capra o pecora).
Cindrić ha notato, inoltre, che sebbene siano in pochi a saperlo, la Croazia vanta il suo equivalente del manuale La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene scritto da Artusi. Si tratta del ricettario Nova skup složena zagrebačka sokačka kniga (letteralmente Una nuova collezione zagabrese di libri per cuochi), tradotto nel 1913 in croato da Ivan Birling (tra i suoi incarichi anche quello di arcidiacono della Cattedrale di Zagabria). Il libro contiene 554 ricette di cuochi (solitamente italiani o tedeschi) ingaggiati dai dignitari e dalle grandi famiglie. “La cosa interessante è che questi cuochi adattavano le proprie ricette agli ingredienti che trovavano nel luogo dove si trovavano a operare. Un concetto in realtà molto moderno. Le ricette sono molto creative, una di queste riguarda la preparazione degli štrukli (fagottini riempiti di formaggio): prevede anche una farcitura a base di granchi d’acqua dolce”, ha notato Cindrić. (kb)

L’identità

Per Mattia Fiandaca, communication & project manager di Casa Artusi, il punto di contatto tra la cucina italiana e quella croata è l’Adriatico. “Lo stesso mare che unisce le nostre due culture”, ha puntualizzato il gastronomo e food content creator. “L’obiettivo della conversazione organizzata a Zagabria non è d’indagare sulle origini delle singole ricette. Noi a Casa Artrusi come fondazione non ci piace mai andare a capire come un prodotto sia nato, ma piuttosto come negli anni sia sopravvissuto e come si sia adattato ai cambiamenti”, ha detto.
Ha notato che la Fondazione Casa Artrusi è lieta di collaborare alla Settimana della cucina italiana nel mondo nella veste di partner del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale. “Si tratta di un’iniziativa importante. Pellegrino Artusi (Forlimpopoli, 1820 – Firenze, 1911, nda) è un ambasciatore a tutti gli effetti della cucina italiana nel mondo. Lo spiegano le tante traduzioni del suo manuale (La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, nda) che è un modello per andare a capire come il tema degli scambi culturali possa essere fortemente legato all’identità di ciascuna nazione. Lui va a esaltare le diversità territorialI. Va a esaltare le diversità che si trovano in ogni posto, in ogni città e in ogni casa. A noi piace parlare di casa, di cucina familiare. Ognuno di noi con degli scambi culturali nel corso degli anni è andato a formare un’identità, di fatto nazionale”, ha detto Fiandaca parlando dei concetti trattati nel corso della conferenza. (kb)

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