Immunità di gregge. Radin boccia le «teorie» di Pernar

Dopo aver proposto l’uso massiccio della vitamina C il parlamentare suggerisce la «quarantena selettiva». Ferma la replica del deputato della CNI

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Immunità di gregge. Radin boccia le «teorie» di Pernar

l populista per eccellenza Ivan Pernar ha colpito ancora. Il deputato, espressione del partito che porta il suo stesso nome, ha criticato duramente al Sabor il modello croato di gestione della pandemia e si è schierato per quello svedese. La sua idea di fondo è quella di ricorrere a una “quarantena selettiva” che riguardi soltanto gli anziani e i malati, mentre per gli altri, più giovani e sani, si dovrebbe puntare al “modello svedese” e fare in modo che si sviluppi l’immunità di gregge. In pratica solamente ai vecchi e malati dovrebbero essere interdetti il trasporto pubblico, i bar, i ristoranti, ecc. Per gli altri tutto aperto, “come in Svezia”. Secondo Pernar se si è sviluppata una psicosi di massa attorno al coronavirus la colpa è da addebitare ai mezzi d’informazione che presentano la pandemia come un pericolo per tutti. E secondo il leader del… partito di Ivan Pernar non sarebbe così: “L’età media delle vittime è di 78 anni, a quanto ammonta l’aspettativa di vita in Croazia. Per i giovani e sani il virus non costituisce un pericolo”. In pratica le idee di Pernar sarebbero un intreccio tra il “modello svedese” e quello iniziale britannico dell’immunità di gregge, che era stato ventilato da Boris Johnson, salvo poi un clamoroso dietrofront, con tanto di ricovero in ospedale per il titolare del numero 10 di Downing street.
Ad opporsi apertamente al Sabor alle “idee” di Pernar sono stati gli esponenti delle minoranze italiana e serba, Furio Radin e Milorad Pupovac. In particolare il vicepresidente del Parlamento e deputato della CNI ha bollato le esternazioni di Pernar come delle assurdità. Radin ha osservato che quelle di Pernar sono “teorie originali” e che nei confronti di “simili assurdità” cerca di mantenere un “approccio razionale”. Perché, come evidenziato ancora dal vicepresidente del Sabor, qualcuno magari “potrebbe prendere sul serio” tali “teorie”.
Con tutti i rischi che ne conseguono, potremmo aggiungere. Anche quello di finire ben presto in terapia intensiva o giù di lì, se si dovesse permettere all’epidemia di diffondersi liberamente, come avevano pensato di fare anche altri in diverse parti d’Europa, ai quali magari non può venire appiccicata così facilmente l’etichetta di populisti. Fatto sta che sul coronavirus non c’è una verità scientifica unica assodata: molti speravano che finalmente, una volta tanto, gli esperti avrebbero avuto partita vinta. Invece siamo come sempre nelle mani della politica alla quale spetta il compito di decidere. Naturalmente dopo aver sentito le varie “versioni scientifiche”. Che alla fine si sono ridotte quasi tutte nel rispolverare la vecchia buona quarantena di massa. E probabilmente una ragione ci sarà, se anche i fautori dell’approccio… liberale ci hanno ripensato.

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