Il centro di Pola sprofonda in un silenzio surreale

Se nelle ore mattutine sembra che il tanto atteso rientro alla normalità sia avvenuto, più tardi il nucleo storico è desolatamente vuoti. Nè bar, nè negozi attirano clienti

0
Il centro di Pola sprofonda in un silenzio surreale

L’impressione di essere tornati alla tanto attesa normalità che si ricava da una visita mattutina al centrocittà è, appunto, solo un’impressione. Il vero banco di prova è il pomeriggio, e, a maggior ragione, la sera. Come respira, dunque, la città, nelle lunghe ore pomeridiane quando, per uscire di casa, non c’è nemmeno la scusa della spesa al mercato ortofrutticolo? Ebbene ora vediamo che non c’è stato alcun reale risveglio. La disillusione è immediata. Giardini, ore 17. La più bella tra le piazze di Pola, l’unica alberata, tra l’altro, ad esclusione di piazza Dante Alighieri, è ancora desolatamente deserta. I bagolari hanno già sviluppato le loro rigogliose fronde ma l’ombra che fanno è sprecata: non c’è anima viva per godere né il sole né l’ombra di una giornata di maggio che in condizioni normali sarebbe già piuttosto movimentata, anche in corrispondenza dei numerosi voli di linea o charter che non si fanno attendere nemmeno nella bassa stagione.
Effetto domino
La realtà, dunque, è questa: nessuno dei ristoranti che vanno sotto il comune denominatore di “stagionali”, in via Sergia, in piazza Foro, in piazza Capitolina, in via Kandler eccetera, ha ancora aperto al pubblico e nessuno, evidentemente, intende farlo nei giorni a venire (non ci sono segni di preparativi, di pulizie, di organizzazione). Un conto è il “via libera” del governo e un altro conto sono le ragioni di mercato. Peggio ancora, anche quei pochi ristoranti, pizzerie e trattorie che normalmente lavorano tutto l’anno (perché servono soprattutto i clienti del luogo), sono desolatamente vuoti. Similmente, i negozi.
Alimentari a parte, il commercio ristagna. Nessuno che passeggia, nessuno che compra: il nesso è chiaro. La prova regina? Moltissimi negozi non hanno mai riaperto e altri si sono autoprescritti un orario di lavoro ridotto. Una gioielleria del “corso” serve i clienti solo fino alle 16, stando a quanto c’informano i vicini di casa, ma non c’è alcuna informazione che lo confermi sulla porta d’ingresso. Le regole vanno e vengono a seconda di come uno se le prescrive, ma queste sono tutt’altro che regole. Se mai, l’unica regola è che non ci sono più regole. D’altra parte come dargli torto? Un gioielliere che lavora mattina e sera nonostante le pochissime occasioni di vendere, confessa: “Se non ci sono le prime comunioni, le cresime, i matrimoni, come diavolo facciamo a vendere quel poco di gioielli in oro che ancora potevano interessare, a prescindere dalle mode del momento che sono poco inclini ai metalli preziosi? Siamo in maggio, e maggio era uno dei pochi mesi sicuri che ci facevano sbarcare l’anno. Tolta anche questa sicurezza, si rimane effettivamente con un pugno di mosche”. È vero: ogni anello della catena che salta mette a repentaglio anche il prossimo, e così via. L’effetto domino è assicurato.

Negozi ancora chiusi in centro

Un anno cattivo condanna il prossimo
Un negozio di magliette stampate e gadget personalizzati è chiuso, ma il padrone lo troviamo fuori, in strada, a contemplare la situazione in centro: “Che cosa apro a fare? Quest’anno passerà così, e il prossimo pure. Le ricordo che nel commercio un anno cattivo influisce anche su quelo successivo: se non incasso oggi, come faccio a pagarmi la merce per la stagione che verrà? È una ruota che gira, questa, e se la fermi, anche solo per pochi mesi, non è che poi puoi rimetterla in moto come e quando ti pare”. Tutto chiaro. Tra l’altro, se questa è la legge, è una legge che vale per tutti, e non solo per i pesci piccoli. Una catena di borsette e orologi di marca ha chiuso in marzo col lockdown e poi non ha più riaperto: anche adesso che potrebbe tornare in città, ha scelto di vendere soltanto online.
Ed è fallito per forza maggiore anche il bando per l’affitto dei locali commerciali di proprietà municipale: dovevano tornare in vita in corrispondenza della Pasqua, e invece i negozi sono rimasti chiusi come in inverno. Così il commercio in via Sergia non ha nessuna speranza di riprendersi nel breve periodo. Già li fallimento del cantiere navale ha avuto le sue ripercussioni immediate, ma il colpo di grazia è arrivato col coronavirus. L’estate che verrà non promette proprio nulla di buono.

Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.

L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.

No posts to display