Igor Bezinović: «La Fiume che vorrei»

Il regista ci racconta il suo docu-film «Fiume o morte!»

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Igor Bezinović: «La Fiume che vorrei»
Igor Bezinović. Foto Željko Jerneić

Il docu-film “Fiume o morte!” del regista fiumano Igor Bezinović è finora la pellicola più vista nella storia dell’Art cinema di Fiume. Il grande successo di questa cronaca dell’occupazione del capoluogo quarnerino attuata dal controverso poeta e militare italiano Gabriele D’Annunzio con i suoi legionari va ricercato, a nostro avviso, in primo luogo nell’interesse dei cittadini di Fiume per tutto ciò che concerne la loro città e in secondo luogo nell’indubbia qualità e originalità dell’opera cinematografica, che l’autore ha scelto di realizzare in collaborazione con chi in questa città ci vive.

Fin da subito, le sue scelte si sono dimostrate azzeccate, in quanto già alla sua première mondiale al Festival cinematografico di Rotterdam (IFFR), “Fiume o morte!” ha conquistato giuria, pubblico e critica ottenendo ben due premi. Pochi giorni dopo, il film ha avuto la sua première croata nella gremita sala dell’Art cinema fiumano, e da quel momento in poi ha continuato a registrare il tutto esaurito a ogni nuova proiezione. Nel frattempo, la pellicola è stata presentata anche in Italia, a Venezia, Trieste, Udine e Pordenone, mentre prossimamente uscirà nelle sale di numerose città italiane.

In seguito all’enorme successo della sua ultima fatica cinematografica, abbiamo voluto conoscere più da vicino Igor Bezinović ricapitolando il percorso che lo ha portato alla ribalta. Il nostro interlocutore, nel corso di una piacevole chiacchierata, si è dimostrato una persona amabile, seria, il cui lavoro è impregnato di umanità.

“Alla première fiumana del film avevo l’impressione di partecipare a uno spettacolo teatrale in quanto gli spettatori, come a teatro, applaudivano durante la proiezione, il che non succede quasi mai – ha ricordato –. Inoltre, applaudivano nei punti del film per me totalmente inaspettati e sentivo come il pubblico ne veniva rapito con il passare dei minuti. Si tratta di una sensazione indescrivibile e irripetibile, per cui per me è stato davvero un privilegio trovarmi quella sera nella sala dell’Art cinema. Mi hanno detto che anche le altre proiezioni vengono accolte con entusiasmo e che alla fine del film il pubblico applaudisce. La prima proiezione, però, rimarrà la più speciale per me, in quanto si è svolta in un’atmosfera da stadio, alla presenza di tutti coloro che hanno preso parte alla produzione del film.

Sono molto contento del fatto che tutte le persone che appaiono nel film vengono anche presentate con i loro nomi e la loro professione nella vita reale. Questo particolare spiega il motivo per il quale pochi di loro parlino un italiano perfetto. Si è trattato di un modo per collegare la cultura e la lingua italiana con la Fiume contemporanea e dimostrare che se una persona non parla la lingua o la parla poco, può comunque partecipare a un progetto legato alla cultura italiana di questa città. Personalmente parlo discretamente l’italiano, abbastanza per farmi capire. Sono nato dall’altra parte della Fiumara, a Sušak, da ragazzo tifavo per l’’Orijent’, ma la mia identità era sempre legata alla Fiume unita e questa è stata la ragione principale per la quale ho deciso di realizzare questo film. Non sono sicuro che sarei andato a fare il film su D’Annunzio se questi avesse occupato Spalato, ad esempio. Lo stimolo a occuparmi di questo tema è stata proprio Fiume, la Fiume di oggi, non D’Annunzio nello specifico, anche se si tratta di un personaggio infinitamente interessante e molto ‘cinematografico’, per così dire. In questo momento ho l’impressione che sarei capace di continuare a girare per tutta la vita film che trattano un tema fiumano, in quanto questi sono davvero inesauribili”.

Il film è stato proiettato anche in Italia. Com’è stato accolto?

“Finora è stato presentato a Venezia, Trieste, Udine e a Pordenone, mentre questa settimana è iniziata la distribuzione nelle sale cinematografiche italiane. Ho notato che ultimamente il film sta attirando l’attenzione e l’interesse dei media italiani, il che vuol dire che sta diventando più visibile. A Venezia e a Trieste ho partecipato alle proiezioni assieme a Noemi Dessardo, Lovro Mirth e Sara Jakupec e mi hanno sorpreso le reazioni positive. A Venezia il dibattito tra gli spettatori è stato così animato che ad un tratto il moderatore ha dovuto ricordare ai presenti che ‘il regista è ancora in sala’. La discussione è stata molto interessante. Anche a Trieste il film ha conseguito un grande successo e ritengo che nel capoluogo giuliano ci siano molte persone che avevano bisogno di vedere questa storia e che l’abbiano accolta molto favorevolmente. Spero che questo film rafforzi il collettivo nei confronti di determinati personaggi autoritari nelle nostre vite. Credo che le cose siano molto simili da una e dall’altra parte del confine, anche perché il mio intento era quello di creare un film che non fosse incentrato su una determinata nazionalità e che fosse contro il nazionalismo in generale. Sono consapevole, però, che il film non verrà accolto da tutti in modo positivo e che in Italia ci saranno persone che riterranno completamente inaccettabile questa storia perché è stata raccontata dalla prospettiva degli abitanti di Fiume e non da quella di D’Annunzio. In Italia è infatti dominante la storia dalla sua prospettiva, dove l’impresa di Fiume è vista come un atto eroico e una grande avventura. Nella nostra città, invece, credo che questo punto di vista appartenga a poche persone.
Il distributore Wanted proporrà il film in numerose sale cinematografiche in tutta l’Italia. Il film verrà proiettato per tre giorni consecutivi, dopodiché, a seconda della copertura mediatica si vedrà se si proseguirà con le proiezioni. Sono certo che verrà proiettato a Roma, Bolzano, Bologna e via dicendo. Alla fine di questa settimana sarò a Brescia e a Napoli, ma il film verrà proiettato anche a Lecce, a Milano, ecc”.

Igor Bezinović con i D’Annunzio del suo docu-film. Foto Goran Žiković

Piccola tournée in Dalmazia

“Per quanto riguarda la Croazia – ha proseguito –, esso è stato finora presentato a Zagabria, mentre presto faremo anche una piccola tournée in Dalmazia, ovvero a Spalato, Zara e Sebenico. Ho scritto ai distributori in Dalmazia che mi farebbe piacere se contattassero degli storici che potrebbero fornire un quadro storico della situazione dei rapporti croato-italiani nelle tre città dalmate nel 1919 e 1920, in quanto tutte queste zone erano segnate a quell’epoca dai rapporti diplomatici e militari tra il Regno d’Italia e quello di Jugoslavia. Credo che in Dalmazia sia importante conoscere il contesto storico in atto in quegli anni. Ritengo che si tratti di un film che necessita di un commento di esperti di storia e archivisti che hanno trascorso anni e anni a fare ricerca. Credo che sia importante, parlando di D’Annunzio, di smettere di fare copia e incolla nei media. Infatti, questo ha portato alla riproduzione di miti nei media italiani, croati e anche in quelli in lingua inglese. Va anche detto che gli storici italiani conoscono poco o non conoscono affatto le fonti storiche e gli archivi croati. Infatti, pochi conoscono il croato e i loro colleghi storici in Croazia. Uno degli obiettivi di questo film è appunto aprire uno spazio agli storici e ai ricercatori su questo tema.

L’impresa di D’Annunzio è un fatto storico poco noto a Fiume e ancora meno noto nel resto della Croazia. A Zagabria viene a volte pubblicato qualche testo su D’Annunzio, ma sempre nel contesto del suo essere poeta, del nudismo, dell’abuso di cocaina. Vengono quindi messi in risalto gli aspetti più stravaganti di questo personaggio al fine di attirare i lettori e a convincerli a cliccare sull’articolo.

Molto interessante è il caso di Traù, che ebbe il suo D’Annunzio, chiamato Nino Fanfogna. Il conte Fanfogna organizzò a Traù un tentativo irredentista di annessione della città dalmata al Regno d’Italia il 23 settembre 1919, ispirato dall’impresa di D’Annunzio. Questo fatto è poco noto in Croazia, ma è una storia davvero bizzarra”.

Si aspettava una reazione simile del pubblico mentre lavorava a «Fiume o morte!»?

“Durante il lavoro a questo film ho attraversato lunghi periodi di crisi creativa, ci sono stati innumerevoli alti e bassi. Si alternavano momenti in cui credevo di fare un ottimo film e altri in cui ero convinto che ciò che stavo facendo non valesse nulla e che sicuramente nessuno lo avrebbe compreso e non si sarebbe potuto relazionare con esso. Per rincuorarmi, tante persone mi dicevano che infine il mio impegno sarebbe stato ripagato, anche se all’epoca non sapevo che cosa volesse significare questa espressione. Il più grande premio per me è stato il lungo applauso dopo la première a Fiume, l’8 febbraio 2025 alle ore 18, che è una data che non dimenticherò mai in quanto è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Ma non posso dire di avere sperato di venire accolto in questo modo, in quanto non osavo sperare. Ricevere i due premi a Rotterdam, ottenere una reazione così calorosa a Fiume, qualche giorno dopo a Zagabria e in seguito in Italia è una cosa straordinaria per me, per cui posso davvero dire che il mio impegno sia stato ripagato”.

Come ha reagito il pubblico a Rotterdam durante la proiezione?

“Anche lì le reazioni sono state straordinarie e già allora abbiamo capito di aver fatto qualcosa che riesce a toccare gli animi. Il film ha ottenuto il punteggio più alto (4,6) di tutti i titoli, circa 300, presentati al Festival, tra i quali si è trovato anche il film hollywoodiano ‘The Brutalist’, il quale ha ottenuto il voto 4. Non ce l’aspettavamo. Va detto, però, che alla proiezione a Rotterdam hanno partecipato tanti miei amici e colleghi croati che vivono nella città olandese che quindi facevano il tifo per il film. Siccome la pellicola ha coinvolto tantissime persone, anche lì in sala c’era un’atmosfera davvero speciale e calorosa”.

Lei ha studiato sociologia, filosofia e letteratura comparata. Da dove l’interesse per l’arte cinematografica?

“Già durante la scuola media superiore volevo dedicarmi allo studio dell’arte cinematografica, ma non osavo presentarmi all’esame di ammissione. All’età di 23 anni mi iscrissi a un laboratorio di video-attivismo, ovvero di reportage di attivismo, dove capii che mi piaceva di più lavorare con un media visivo che con la parola scritta. Non desideravo occuparmi di scrittura di saggi filosofici sapendo che questi sarebbero stati letti da un pubblico molto ristretto. Sentivo il bisogno di dedicarmi all’arte e a comunicare con un gran numero di persone. A 23 anni decisi di accedere all’esame di ammissione all’Accademia di Arti drammatiche e lo superai nel primo tentativo. Molto probabilmente, se non ci fossi riuscito la prima volta, avrei continuato a occuparmi di filosofia.

Per me è stata una grande fortuna essere stato ammesso all’Accademia. All’epoca ero già alla fine degli studi di Filosofia e Sociologia. Infatti, è sempre utile avere già un diploma quando si accede all’esame di ammissione all’Accademia e posso confermarlo siccome in veste di docente ora faccio parte delle commissioni esaminatrici. Quando ho iniziato a frequentare l’Accademia ho capito che nutro un particolare interesse per il documentario.

Infatti all’epoca i giovani erano molto più interessati a girare film di finzione. Successivamente ho girato il documentario ‘Blokada’ (2009), che è stato per me molto istruttivo in quanto ho imparato molto durante il lavoro. Nel frattempo ho anche insegnato per due anni sociologia e filosofia nella scuola media superiore, ma ritenevo che si trattasse di un lavoro troppo importante per poterlo fare contemporaneamente con la regia”.

Com’è lavorare all’Accademia?

“È una bella esperienza. Abbiamo pochi studenti, il che è indispensabile per un lavoro artistico, e anche il collettivo è piccolo. Si lavora bene. Io tengo lezioni di regia, ma anche di film ibrido, che è un corso che ho ideato personalmente e al quale gli studenti hanno il compito di combinare il documentarismo con altri generi cinematografici”.

La nostra giornalista Helena Labus Bačić con i protagonisti connazionali di “Fiume o Morte!”: Sandro Ferletta, Silvana Zorich, Renzo Chiepolo e Andrea Marsanich. Foto Goran Žiković

Essendo regista, è anche cinefilo?

“Credo che lo ero di più prima. Non seguo regolarmente e quanto vorrei la produzione attuale perché essendo intensamente concentrato per tutto il giorno sul montaggio, sulla scrittura della sceneggiatura e via dicendo, trovo stancante guardare un film in quanto ho bisogno di ‘staccare’ da questo media alla fine della giornata”.

Può essere comparato con gli insegnanti di qualche strumento, che dopo aver ascoltato per tutto il giorno i loro allievi, hanno bisogno di silenzio totale quando vengono a casa.

“Esattamente. Mi piacerebbe, però, trascorrere un periodo soltanto a vedere film o a leggere libri, a lasciarmi ispirare dalle opere di altre persone. Per molto tempo ero ossessionato da questo film, il che spesso non è una bella sensazione.

Mi sono innamorato dei film all’epoca in cui nei cinema uscirono ‘Pulp Fiction’ e ‘Reservoir dogs’ di Tarantino. Avevo dodici/tredici anni e mi resi conto che un film può essere anche questo, non soltanto ‘Terminator 2’, che ho pure amato molto. Capii, infatti, che un film può avere una dimensione estetica che non è soltanto divertimento, ma anche arte. Tra i film che avevo in videocassetta e che rivedevo tantissime volte c’era anche ‘Batman’ di Burton, ‘Družba Pere Kvržice’, ‘Naked gun’, ‘Goonies’, ecc.”.

Da sociologo, segue la situazione attuale nel mondo, che non è affatto incoraggiante?

“Non posso dire di seguire le notizie assiduamente, ma credo che, considerato il numero di guerre che si sono susseguite nel XX secolo sia davvero incredibile che si riprenda a parlare di conflitti armati e che tutti noi lo osserviamo pensando che la guerra sia una cosa inevitabile. Questo mi affligge. Credo che con ‘Fiume o morte!’ io abbia fatto un film profondamente pacifista. Sono convinto che le guerre vengano provocate e ‘prodotte’ da personaggi egoisti finanziati dai capitalisti coinvolti nei lobby militari. Mi fa paura l’idea che vari personaggi potenti nel mondo cerchino di convincere le persone ordinarie che là fuori c’è chi vuol fare loro del male. Credo profondamente che la maggior parte delle persone sia buona e che sono pochi coloro che cercano di trasformare il nostro pianeta in una bomba a orologeria, al posto di intessere una rete di solidarietà. Vedere Elon Musk con il saluto romano, sapendo che non abbiamo imparato nulla dalla storia, è davvero terrificante, come anche vedere che in Croazia vengono riabilitati gli ustascia e l’NDH. Queste sono le conseguenze dell’ignoranza e dell’inadeguatezza del sistema scolastico. Ritengo che la responsabilità di questa situazione sia da ricercare nel sistema educativo, dove la storia del fascismo viene trattata come se questo fosse sparito nel 1945. La storia dovrebbe essere davvero maestra di vita, ma purtroppo non lo è”.

Come vede Fiume oggi?

“Credo che io abbia fatto questo film in gran parte perché volevo costruire per me stesso la Fiume nella quale vorrei vivere: una città solidale, tollerante, multiculturale, che basa il suo presente e il suo futuro sul passato, che impara dai propri errori e che mette l’essere umano davanti al capitale. Questa è la Fiume nella quale vorrei vivere. Nelle ultime settimane, vedendo le reazioni e i tantissimi messaggi che ho ricevuto, penso di notare in questa città le caratteristiche citate. Credo che questo film abbia ricordato tutti che a Fiume queste ci sono, anche perché è sicuro che queste qualità non le ho tirate fuori dal nulla, esse esistono nella mia testa e nelle teste di numerosi abitanti di Fiume. Forse anche per questo le persone accolgono così bene questo film, in quanto in esso trovano una Fiume nella quale vorrebbero vivere”.

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