I ristoratori sono alle corde

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I ristoratori sono alle corde

Il 42 per cento delle imprese che lavorano nel campo della ristorazione ha il conto corrente bloccato. È questa la situazione vigente in Croazia, il tutto con la pandemia che non sembra dare segni di cedimento e un’altra estate che si sta avvicinando nel segno della massima incertezza. Il turismo riveste un ruolo importante nell’economia croata, in quanto dal suo buon andamento dipende un’importante percentuale del prodotto interno lordo. Gli effetti di una chiusura prolungata delle attività turistiche creano danni non soltanto ad alberghi o campeggi, ma pure a tutta una serie di attività affini. Hanno meno lavoro le agenzie turistiche, chi si occupa di trasporto via terra e via mare, gli affittacamere, i ristoranti, i bar, ma anche le tante lavanderie che hanno il compito di lavare e coperte per le camere d’albergo e le altre strutture ricettive. È tutto collegato.
Con lo scadere della pausa concernente il blocco dei conti, messa in atto dal governo negli scorsi mesi, molte attività che erano con l’acqua alla gola ora si sono trovate a un bivio. O ci si mette a nuotare a tutta forza o si annega. Alcuni stanno galleggiando, senza sapere per quanto tempo potranno andare avanti, altri sono affogati, altri ancora, pochi, ma buoni, hanno usato l’ingegno, hanno fatto di necessità virtù e invece di cercare di nuotare a stento hanno investito e comprato metaforicamente una barca, che ha permesso loro di prendere il largo e di crescere mentre il resto delle aziende è in stagnazione o addirittura in decrescita.
L’investimento, però, non è una strada per tutti, in quanto molte imprese commerciali si vedono negati i prestiti, con le banche che, incerte su come andrà il futuro, sono poco inclini a dare credito. È una situazione della quale sono coscienti entrambe le parti. “Con quali argomenti posso convincere la banca a concedermi un prestito se sono io la prima a sapere dei rischi a quali è esposta la mia attività. Mi chiedono l’ipoteca sulla casa, ma non è una decisione facile da prendere, perché a quel punto se sbaglio non perdo solo il lavoro, ma anche la casa”, racconta alla stampa un artigiano.
Per molti già ora è una questione esistenziale, perché anche con le entrate ridotte all’osso, ci sono tutta una serie di spese che non si possono proprio tagliare, in alcun modo. Come spiega Jelena Tabak, presidente dell’Associazione dei ristoratori, molti hanno deciso di rimanere chiusi nonostante l’impossibilità di accedere alle sovvenzioni statali, le quali hanno come vincolo una caduta delle entrate superiore a una certa percentuale. Chi non rientra in questa categoria avrebbe comunque problemi a lavorare con l’attuale situazione, perché le entrate derivanti dall’apertura delle terrazze non coprirebbero le spese di gestione. Jelena Tabak ha spiegato pure come molti non siano in grado di dimostrare un calo delle entrate superiore al 60 per cento rispetto al periodo precedente alla pandemia, anche se in realtà hanno perso molto di più.
Come rilevato però, non tutti però stanno affondando. Fra chi sta lavorando per crescere, preparandosi per la ripresa quando la domanda sarà elevata e l’offerta bassa, c’è la Submarina, una catena di ristoranti specializzata in burger. La Submarine sta aprendo in questo periodo due nuovi locali, a Zara e a Spalato, portando in numero di ristoranti in Croazia a un totale di 13, con altre due aperture pianificate per il prossimo futuro.
“Abbiamo concluso l’anno scorso con 45 milioni di kune di entrate e quest’anno abbiamo intenzione di realizzare 70 milioni di utili, continuando a crescere nonostante la crisi. Per questi risultati siamo entrati nella classifica del Financial Times delle mille aziende europee che crescono più velocemente. Siamo l’unica impresa del sudest europeo nella lista che non si occupi di tecnologia, il che ci rende unici”, ha affermato Dragoljub Božović, direttore e comproprietario della Submarine.
Sono relativamente nuovi anche altri quattro locali, tre dei quali a Zagabria e uno a Fiume, che sono stati aperti o restaurati durante la pandemia e che in questo momento stanno già lavorando, contribuendo alle entrate. Il prossimo passo, invece, sarà di aprire un esercizio di ristorazione a Osijek, mentre sono già al lavoro due locali a Belgrado, i quali però non sono di proprietà dell’azienda, ma lavorano bensì con un contratto di franchising.
Ma come è possibile un’espansione di questo tipo durante un periodo nel quale tutto il resto del settore soffre terribilmente? I titolari dell’azienda, Dragoljub Božović e Aleksandar Lazinica, spiegano come la chiave del successo sia dovuta a un cambiamento del modello di business, che si basa ora sul fast casual dining, ossia su cene veloci e spontanee, un concetto scoperto negli USA da Lazinica.
“Sapendo dell’ottima qualità dei prodotti croati abbiamo deciso di orientarci esclusivamente sul mercato locale, fornendo cibo da mangiare in fretta, con tutta la qualità dell’alta cucina tradizionale”, racconta Božović. Il suo collega Luka Jureško, che si occupa della crescita dell’azienda, spiega come con un aumento costante del fatturato del 20 per cento negli ultimi anni sia importante che crescano anche i produttori. “Ogni anno ci riuniamo per vedere se riescono a crescere anche loro insieme a noi, per fornirci la stessa qualità dei prodotti, soltanto in quantità maggiori”, ha concluso Jureško.

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