
Il sole a Gorizia illumina le antiche vie e le colline circostanti, di qua l’Italia, di là la Slovenia, una realtà che il tempo e la storia hanno separato e congiunto, elargendo dolore e gioia, sviluppando nuove consapevolezze che esplodono con GO2025!, l’anno in cui Gorizia con Nova Gorica diventano Capitale europea della Cultura.
Un percorso partito in grande stile più di un mese fa che sta spargendo messaggi e input a macchia d’olio, dentro e fuori la Regione. Ma Gorizia è anche altro: è uno sguardo al mondo composito di una terra che ha ospitato nel dopoguerra anche molti esuli giuliano-dalmati: gente in cerca di una nuova casa, di un luogo in cui stabilire nuove radici, che è riuscita a esprimere la propria laboriosità, l’eccellenza. E i loro figli continuano questa tradizione.
È figlio di esuli anche il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, il quale sta guidando la crociata di GO2025!
Come vincere alla lotteria
Dopo una lunga preparazione, ora tutto un mondo si è messo in moto. Un percorso non facile ma anche pieno di coraggio ed esultanza. Signor sindaco, cosa significa navigare dentro questo mare?
“Significa muoversi con entusiasmo e una certa preoccupazione. È un evento straordinario che non si ripeterà in tempi brevi né per la nostra città né per la regione. L’Italia ha avuto la possibilità di candidare Matera nel 2019 come Capitale europea della Cultura, siccome a rotazione questo onore capita ai Paesi ogni 14 anni, significa che la prossima volta sarà nel 2033. Nel 2025 era il turno della Slovenia, e qui è successo qualcosa di straordinario, un’unione esemplare: diversi erano i comuni in lizza, anche realtà importanti come Lubiana, per cui all’inizio è stata una corsa al cardiopalmo, ma anche un bellissimo modo di sognare, alla stregua di una vittoria alla lotteria, sostenuti da grande speranza”.
“A muoverci era la consapevolezza che sarebbe stata un’indubbia opportunità non soltanto per Gorizia e l’Isontino, ma per tutto il Friuli Venezia Giulia. Abbiamo puntato sulla nostra fortuna di poter attraversare tutto il territorio, da Trieste a Pordenone, in poco più di un’ora e sommando ciò che offrono Trieste e fino al confine con l’Austria, quello con il Veneto, toccando ovviamente mare, collina e montagna, le cose da mostrare a chi vorrà raggiungere Gorizia/Nova Gorica sono davvero tante: arte, natura, gastronomia, in una parola tutto. È chiara anche la consapevolezza che in questo momento stiamo scrivendo davvero delle pagine di storia importanti non soltanto per noi, ma anche e soprattutto nelle relazioni con il confine orientale. Proprio qui dove nessuno avrebbe immaginato di vedere germogliare iniziative congiunte tutto ciò avviene ora, in questo 2025, per cui c’è entusiasmo e preoccupazione perché ciò che sta succedendo ha un valore epocale”.

Ha vinto la capacità di fare rete
All’inizio c’è stata la progettazione europea che ha portato su questo confine occasioni d’incontro, i progetti INTERREG, il GECT e altro. Possiamo dire che sono stati propedeutici per la vittoria di GO2025?
“Assolutamente, è stato così. Oggi viviamo il risultato di quelle comuni progettazioni partite timidamente, con tentativi goffi e limitati, ma che hanno spianato la strada, e oggi ci muoviamo su un percorso già avviato. Il merito va agli amministratori che prima di me hanno abbracciato questa filosofia. Penso al sindaco Martina e a chi è venuto dopo. Oggi parlare di transnazionale, internazionale, è molto, ma molto più facile rispetto a quarant’anni fa, quando Martina mise in atto un meccanismo di collaborazione, poi la ‘spallata’ dell’Europa con INTERREG, GECT e altri strumenti che non era scontato potessero funzionare. E invece siamo diventati un esempio per tutti. Allora erano coinvolti il Comune di Gorizia, quello di Nova Gorica, quello di Šempeter-Vrtojba, per un numero complessivo di circa 70.000 abitanti: è stata la prova generale di un processo eccezionale, ma non certo scontato. Mi piace ricordare che il primo presidente del GECT è stato Franco Frattini, già nostro Ministro degli Esteri, il secondo presidente è stato l’attuale Premier sloveno Robert Golob. Gli è succeduto Matej Arčon, sindaco di Nova Gorica e attualmente, Paolo Petiziol, uomo di grande spessore, conosciuto nelle cancellerie di mezza Europa”.
Un nuovo corso significa contatti e collaborazione. Quali sono le tematiche che uniscono?
“Più che di tematiche direi che si tratta della capacità di progettare eventi partendo dall’idea e fino alla realizzazione di qua e di là del confine. Diciamo che ha vinto la capacità di fare rete. Ecco perché per la prima volta la Capitale europea della Cultura è stata assegnata a due città vicine come le nostre, appartenenti a due Stati diversi, con norme e regole diverse, difficile da coniugare, ma proprio per questo incredibilmente stimolanti. Ci unisce la sfida di promuovere un territorio unico, composito e ricco, la condivisione di un progetto complesso, ma meritevole di essere proposto in tutte le sue componenti”.
I danni provocati dalla storia
Come superare gli aspetti divisivi?
“Con un rispetto estremo, questa è la prima regola, ben consapevoli che la storia qui ha provocato danni infiniti. Aiuta moltissimo la conoscenza, capire chi sia l’altro che ci sta di fronte. Raggiungere finalmente la consapevolezza che noi tutti siamo stati strumento delle politiche e della storia, ognuno con le proprie ferite e ognuno con le proprie conquiste. Superare gli aspetti divisivi significa tracciare delle linee di collaborazione che tengano conto del diverso sviluppo, delle storie diverse, di ciò che questo confine ha significato per chi qui è nato e cresciuto o per chi, come molti di noi, ne è diventato parte dopo l’esodo. Siamo eredi di un terribile strappo della storia che va ricomposto laddove c’è spazio per farlo, forse proprio in questo passaggio si pone l’intelligenza di una gestione condivisa. L’Ottocento ha segnato la nascita dei nazionalismi che ci hanno travolti tutti, prima ancora che gli Stati trovassero un assestamento. Nel Novecento siamo passati attraverso la prima guerra mondiale, il ventennio fascista e poi un’altra guerra seguita dalla divisione in blocchi…”.
Una storia, tante storie. Certo il rispetto è fondamentale, ma si tratta di un concetto ormai acquisito?
“Le ingiustizie si sono accumulate, del fascismo nei confronti degli Sloveni, del comunismo nei confronti degli Italiani: oltre settecento persone strappate ai loro affetti nella sola città di Gorizia durante l’occupazione titina dei quaranta giorni pesa come un macigno. Persone che nulla avevano a che fare con il Secondo conflitto mondiale, tra queste tanti antifascisti, sindacalisti, per quella logica applicata da Tito che voleva decapitare in città chiunque rappresentasse un rallentamento nel perseguimento della sua politica annessionistica. E ciò vale pure per Monfalcone e Trieste. Sono tragedie che hanno segnato un secolo e che pertanto vanno spiegate, insegnate, divulgate soprattutto ai giovani nel giusto modo perché smettano di produrre sacche di negatività. Guai, dico guai, se dovessimo rimanere fermi, ancorati, fossilizzati su quanto accaduto ottant’anni fa. La Capitale europea della Cultura affidata a queste due città serve anche a questo: ad avanzare con la consapevolezza che gli aspetti divisivi appartengono ad un’altra epoca, lontana, chiaramente i responsabili di quanto accaduto oggi non sono più vivi e certamente non sono quelli che stanno governando il Comune o la Regione o la Repubblica al di qua e al di là del confine, perciò dobbiamo procedere e costruire”.
Una storia travagliata
In che cosa eccelle Gorizia, quali messaggi è in grado di fare arrivare al pubblico che la segue?
“La sua storia. Tutto ha inizio con i patriarchi di Aquileia e i Conti di Gorizia nell’XI secolo. È sotto il loro controllo politico e amministravo che il Goriziano acquisisce per la prima volta l’unità, comprendendo il Collio e il Carso e l’area abbracciata da quattro fiumi: l’Isonzo e i suoi confluenti Vipacco, Iudrio e Idria. Poi, nel XV secolo, il testimone passa nelle mani della casa d’Asburgo: l’ultimo conte, Leonardo, muore senza discendenti lasciando in eredità la contea a Massimiliano I d’Asburgo. Entra allora in gioco anche la Repubblica di Venezia, desiderosa di far valere i propri diritti feudali e di successione ai conti di Gorizia. Nel 1508 i veneziani dichiarano guerra agli Asburgo, con un esito disastroso: la sconfitta veneta nella Battaglia di Agnadello del 1509 conferma il governo asburgico della regione, destinato a durare per altri quattro secoli, eccetto che per la breve parentesi napoleonica. Parentesi che, più precisamente, ha inizio nel 1809 con l’annessione del Goriziano alle Province Illiriche, fino al 1813 e alla caduta di Napoleone. Da qui, i confini vengono ridefiniti per restare poi invariati fino alla fine della Prima guerra mondiale. Infatti, nel 1918 l’Italia occupa l’intera area, che con il Trattato di Rapallo (1920) diventa ufficialmente parte del Regno d’Italia. Così la Provincia di Gorizia viene prima soppressa, con l’annessione dei suoi territori alla Provincia del Friuli nel 1923, e in seguito ristabilita nel 1927”.
Ma dopo la Seconda guerra mondiale?
“Nel 1949 Italia e Jugoslavia firmano l’Accordo di Udine, che regola e facilita il traffico nell’area transfrontaliera. Nel 1975 un altro trattato, quello di Osimo, rende definitive le frontiere terrestri e marittime tra i due Stati, con accordi sulla loro collaborazione economica che migliora le condizioni di vita della popolazione al confine. Poi, nel 1990, inizia l’ennesimo stravolgimento geopolitico in Europa: la disgregazione della Jugoslavia, la nascita di stati indipendenti, tra cui quello di Slovenia nel 1991. Nel 2004 la medesima ottiene il riconoscimento della comunità internazionale diventando membro UE e nel 2007 entra a far parte dello spazio Schengen. L’area transfrontaliera rappresenta da sempre un luogo importante e strategico per entrambi gli Stati, oltre che uno strumento di sviluppo sotto tanti punti di vista: cultura, economia, commercio, trasporti. Dai comuni limitrofi divisi dal confine, quindi, cresce il bisogno di stabilire nuove forme di collaborazione, di coesione e di scambio. Un bisogno che diventa realtà nel 2010 con l’istituzione del Gruppo europeo di cooperazione territoriale, GECT GO. Il resto è storia, e ci conduce esattamente qui: alla prima Capitale europea della cultura transfrontaliera, con Nova Gorica e Gorizia alla guida di un territorio unito nello spirito e negli intenti. È stato di grande ispirazione il gesto dei due presidenti Borut Pahor e Sergio Mattarella, mano nella mano davanti ai monumenti che ricordano le atrocità della Seconda guerra mondiale. Quello spirito ci guida”.

Una vittoria!
Per i suoi genitori, venuti esuli da Pola e Albona, momenti come questo erano impensabili, oppure no?
“Mamma di Albona, nata a Valmazzinghi, padre di Pola, mancato purtroppo negli anni Novanta, la mamma nel 2022. Mai avrebbero potuto immaginare tutto questo. Soprattutto un confine aperto. Ricordo quando da ragazzino si partiva per Pola, mi facevano impressione i militari al confine, quelle divise austere, quei modi duri che mi davano una profonda inquietudine: ma l’Istria era parte di noi e sopportavamo con pazienza quel tormento, perché era il prezzo da pagare per congiungerci a quella parte di noi che era oltre il confine”.
Un’altra ragione per cui GO2025 è rivolta anche alle genti giuliano-dalmate sparse nel mondo, quali i canali di contatto?
“Ce ne sono molti, in effetti. Abbiamo un ottimo rapporto con l’associazione Giuliani del mondo guidata da Giorgio Perini, che si rivolge a tutti i corregionali (giuliano-dalmati) nei vari continenti dove li ha spinti l’esodo. Diverse decine di Comitati e Club che hanno la nostra Regione come riferimento. Così come l’Ente Friuli nel Mondo presieduto oggi dall’amico Franco Jacop. La nostra comunicazione con i continenti avviene attraverso i social, per cui vengono veicolati messaggi e informazioni per un contatto più diretto con gli eventi in loco. Per chi è lontano, ogni momento di connessione con Gorizia è vanto e orgoglio, perché la loro città è protagonista e si pregiano di rappresentarla. Per cui ci sono manifestazioni in varie parti d’Italia e nel mondo. Molto attivo il gruppo Triestini e Goriziani a Milano, una città dalla quale le notizie rimbalzano ovunque. Naturalmente siamo in contato con l’Unione europea che segue l’evoluzione del nostro lavoro e che accoglie queste due città nel corpo delle Capitali per uno sviluppo che si proietta anche verso il futuro. Il semplice fatto di essere arrivati fin qui è motivo di soddisfazione, abbiamo raggiunto un traguardo sognato e sperato: una vittoria. Il resto lo sta facendo Promoturismo FVG che porta ovunque il nostro messaggio e ci assicura un flusso turistico importante. Gorizia, in questa occasione, ha valorizzato al massimo il suo patrimonio culturale ed architettonico recuperando le sue bellezze, tra arte e natura. Chi cammina oggi per Gorizia avverte e vive il cambiamento”.
Una città bella da vivere
Che cosa è diventata la sua vita di sindaco e di uomo, dentro questo grande progetto?
“C’è solo il sindaco per 80 ore la settimana: scherzando dico che per me luglio e agosto sono una vacanza perché riduco il mio orario a 50 ore alla settimana. Inizio alle 5.30 del mattino e continuo fino a notte, con una motivazione forte, mi spendo per la mia città, così come sto facendo dal 2017 quando sono stato nominato sindaco, ma questo è un di più che produce risultati concreti e forti che andranno consegnati alle future generazioni. Si ritroveranno una città cresciuta, rispettosa del paesaggio, tirata a lucido, bella da vivere. La città dei congressi, anche quelli che ci riguardano come mondo degli Esuli. I primi li avevo organizzati con uno dei presidenti che ho amato di più, Edo Apollonio, esule da Pirano. Era ineguagliabile in campo organizzativo. Oggi sono coinvolti nel nostro cammino Mauro Runco, Davide Rossi, Massimiliano Titta, Renzo Codarin, Giuseppe de Vergottini, in vari settori, in campi diversi ma comunque vicini e solidali in questa avventura”.
Quali eventi, quanti eventi?
“La Capitale europea della Cultura 2025 proporrà migliaia di iniziative, concerti, teatro, cinema, danza e incontri, un programma in costante aggiornamento, articolato fra il programma ufficiale, gestito dall’Ente pubblico sloveno (Javni zavod) GO! 2025, i progetti SPF sostenuti da GECT GO, il programma GO! 2025&Friends e gli altri progetti finanziati dalla Regione Friuli Venezia Giulia, e non ultimi gli eventi dei due comuni, Gorizia e Nova Gorica. Il cartellone coinvolgerà una vasta parte del territorio contermine in Friuli Venezia Giulia e Slovenia: una vera e propria ‘macchina del tempo’ che porta a incrociare splendidi siti storici di ogni epoca attraversando e riattraversando il confine: dalle influenze celtiche alle vestigia dell’età romana nello splendido sito di Aquileia, patrimonio UNESCO”.
Valorizzare la destinazione FVG
“E ancora le tracce del passaggio di Unni, Turchi, Longobardi, fino all’età del Patriarcato, la Repubblica di Venezia, l’Impero austroungarico. Quindi i drammatici fatti della Grande Guerra, del secondo conflitto mondiale e della Guerra fredda: di ogni accadimento sono impresse tracce profonde in questa terra di confine. Si aggiungerà il palinsesto di “GO! 2025&Friends”, con una serie di eventi tra mostre, concerti di artisti internazionali e altre iniziative con un proprio logo e una grafica, che rappresenta un continuum con l’agenda ufficiale, vedrà dunque calendarizzare concerti di vario genere in diverse località della regione – al di fuori di Gorizia – e alcune mostre d’arte, in una sorta di estensione borderless della Capitale della Cultura, con l’obiettivo di aumentare la partecipazione di tutta la regione e sfruttare la visibilità dell’iniziativa per valorizzare la destinazione Friuli Venezia Giulia”.
Sarà un anno di grande visibilità, c’è ancora spazio per dei sogni nel cassetto?
“Il sogno sarà ciò che succederà dal 1º gennaio 2026, vale a dire la continuazione di questo percorso. Non sotto forma di saldo di quanto fatto, ma proprio di nuova visibilità per tutto il territorio grazie al fatto che entreremo a far parte del grande network delle capitali europee, meta di un nuovo turismo, che fino a oggi non abbiamo conosciuto. Va da se che cambierà la politica immobiliare, vedremo aumentando il valore del metro quadrato: ci sono imprenditori che stanno acquistando esercizi o riattivando spazi commerciali, sono partite ristrutturazioni di palazzi importanti. Penso per esempio al PalaBigot, chiuso da tantissimi anni, che riprenderà la sua funzione nei prossimi anni destinato ai grandi eventi sportivi per circa 4500 spettatori circa; ma penso anche all’ex mercato all’ingrosso di via Boccaccio, destinato a ospitare attività fieristiche, merceologiche, culturali, sportive e penso al piazzale della casa Rossa. A fine marzo/primi di aprile sarà inaugurato, completamente ripensato, stupendo: quest’estate verrà arricchito da una grande scultura, il GO Farus, fortemente simbolica. Il Bosco della Valletta del Corno, da zona inaccessibile è diventato un luogo curato e ricco di contenuti, una sorta di Central Park goriziano. E così potrei continuare per dire che Gorizia sta cambiando, è già cambiata, la Gorizia che lascerò a chi la governerà in futuro e soprattutto ai suoi cittadini sarà bella, appetibile, un sogno, quel sogno che ci ha portati fin qui”.
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