Furio Radin: «Ora posso permettermi di non essere politically correct»

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Furio Radin: «Ora posso permettermi di non essere politically correct»
Il vicepresidente del Sabor e deputato al seggio specifico garantito alla CNI al Parlamento croato, Furio Radin / Foto Sandra Simunovic/PIXSELL

“Il segreto della mia longevità sta nel fatto che non ho mai avuto capi”, così il vicepresidente del Sabor e deputato al seggio specifico riservato alla CNI ha spiegato al network informativo N1 le ragioni che gli hanno consentito di diventare l’uomo politico con la più lunga permanenza (trent’anni) al Parlamento croato. Nel corso della conversazione con la giornalista Mašenka Vukadinović, Radin ha annunciato che è giunto a un punto della carriera quando può concedersi il lusso di non essere politicamente corretto. “Forse è arrivato il momento d’essere politicamente scorretti”, ha ironizzato Radin, osservando che nella società stanno succedendo cose che la politica non è in grado di gestire. A tale proposito ha menzionato lo scandalo costato un miliardo di kune all’INA, il caso Uljanik e la necessità di trovare il modo per garantire che sia la politica a gestire i grandi sistemi e non viceversa.
Rispondendo alla domanda postagli dall’intervistatrice sull’esito del Censimento 2021, Radin ha parlato dei diritti delle minoranze nazionali, in particolare del diritto al bilinguismo. “Tutto evolve e per quanto concerne l’attuazione dei diritti della CNI non potrò mai dirmi pienamente soddisfatto. Posso dichiararmi relativamente soddisfatto nonostante l’opposizione nelle nostre file trovi sempre qualche motivo per lamentarsi”, ha dichiarato Radin. Ha osservato che tra la manciata di minoranze che hanno maturato il diritto al bilinguismo il risultato raggiunto in quest’ottica dalla CNI è nettamente superiore rispetto a quello delle altre etnie. “In Istria, ma non a Fiume purtroppo”, ha puntualizzato Radin. “Si tratta di un obiettivo che abbiamo centrato negli anni ‘90 assieme a un partito regionalista, del quale non faremo il nome, ma si tratta della DDI. Abbiamo firmato un accordo e sviluppato una politica comune – ha proseguito – che ha portato al cambiamento degli Statuti (delle unità d’autogoverno regionale e locale)”.

Furio Radin
Furio Radin seduto sulla scrivania del suo ufficio in piazza San Marco 6 a Zagabria Foto Sandra Simunovic/PIXSELL

“Se il criterio applicato fosse quello della percentuale degli appartenenti alla CNI nella popolazione complessiva delle singole località – ancora il vicepresidente del Sabor –, la CNI potrebbe esercitare il diritto al bilinguismo forse in cinque tra Comuni e Città (istriane). Noi, invece, abbiamo regolato la questione attraverso gli Statuti. Abbiamo potuto farlo perché per quanto concerne questa tematica gli istriani italiani e gli istriani croati s’intendono alla perfezione”. Radin ha puntualizzato che talvolta l’intesa oscilla tra alti e bassi, ma che l’importante è dialogare. Ha ricordato che nel 2005 presentò un emendamento di quaranta pagine, ottenendo che la toponomastica bilingue croato-italiana non fosse limitata al territorio delle municipalità bilingui, bensì riconosciuta e attuata a livello nazionale.
Nel corso dell’intervista Radin ha chiarito che la CNI non può ritenersi pienamente soddisfatta del livello d’attuazione del diritto al bilinguismo alla luce dell’Articolo 3 del Trattato italo-croato sui diritti delle minoranze firmato nel 1996. Ha puntualizzato che spetta ai firmatari del documento, l’Italia e la Croazia premurarsi di far rispettate quanto stabilito dal Trattato. “A Pola, dove ai tempi dell’Ex Jugoslavia non esisteva il bilinguismo, siamo riusciti a ottenerlo; anche in altre località siamo riusciti a compiere passi avanti. Con Slavko Linić (sindaco del capoluogo quarnerino dal 1993 al 2000, nda) ero riuscito a ottenere che a Fiume alla CNI sia riconosciuta l’autoctonia e garantito un rappresentante nel Consiglio municipale”, ha concluso Radin.

Furio Radin
Furio Radin nel Palazzo del Parlamento di Zagabria / Foto Sanjin Strukic/PIXSELL

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