Cosa rende un prodotto alimentare italiano così particolare? Perché anche gli imprenditori di altri Paesi tentano, anche mediante prassi scorrette, di presentare il proprio prodotto come italiano? La questione non si riduce soltanto a un lavoro di marketing che vuole mantenere un brand storico come lo è il “Made in Italy”, ma riflette in primo luogo delle realtà economiche e industriali particolari presenti in prevalenza nel tessuto sociale italiano. Il Festival ArtandFood di Pordenone è un esempio di quel tipo di eventi dove, tra una prelibatezza e l’altra, si discute concretamente di tutti quei fattori che danno una marcia in più all’agroalimentare italiano nel mondo e che garantiscono di conseguenza una grossa fetta dell’export nazionale con i conseguenti introiti finanziari. Uno spaccato di questa realtà è stato presentato anche nel corso degli eventi a Lubiana in occasione della Settimana della cucina italiana nel mondo.
La forza del territorio
Inserito nel quadro più generale dei trend turistici attuali e di successo, Pordenone ArtAndFood punta sullo stretto legame tra turismo enogastronomico e cultura, caratterizzandosi a tutti gli effetti come “evento diffuso” all’interno del sistema turistico territoriale con Pordenone capofila, per rafforzare l’identità culinaria del Friuli Occidentale con la valorizzazione delle eccellenze locali e di tutto il comparto vitivinicolo ed agroalimentare. Il Festival si concentra sul territorio, ma si allarga anche sull’Europa e sul mondo, in modo da aprire scambi e relazioni per intrecciare gli antichi saperi della tavola con le più innovative visioni della cucina. Per esempio, un ospite di primo piano è stato lo chef e rinomato maestro di cucina Damir Perman, in arrivo dalla Croazia e dai migliori indirizzi gourmet della Regione litoraneo-montana.
ArtandFood è importante anche perché rappresenta un territorio che, assieme alla vicinanza geografica con la Croazia e la Slovenia, condivide una serie di tradizioni con l’Istria e il Quarnero, ma anche in buona parte l’orografia, il clima e i prodotti della terra. “Il Friuli occidentale è un’area che si estende fra il fiume Tagliamento e il confine con il Veneto ed è caratterizzato da una particolare dinamicità. Ci sono degli imprenditori molto giovani che hanno interpretato tutti gli aspetti della produzione, della coltivazione degli alimenti in maniera particolarmente moderna e molto dinamica”, ha spiegato Gabriele Giuga, curatore del Festival. Giuga ha valutato che è più facile parlare di cibo e realizzare prodotti particolarmente fantasiosi in una parte d’Italia, come la Toscana o la Sicilia dove c’è molto sole, mentre è più difficile farlo nel Friuli occidentale: “Le nostre nonne hanno dovuto fare i conti con il nulla perché gli ingredienti non erano numerosi e i sapori non erano così ricchi come in altre zone dell’Italia. Si è quindi sviluppata una cucina che dal niente riesce a ritrovare dei profumi, dei sapori molto particolari”.
Il frico, un buon esempio
Un piatto tradizionale della cucina popolare friulana, il frico, è stato elevato a livello di proposta culinaria d’alto livello grazie al lavoro di chef esperti. Ne ha parlato Carlo Napo, il capocuoco della serata tematica “Friuli Occidentale in cucina, una storia pordenonese”, proposta a Lubiana in occasione della Settimana della cucina italiana nel mondo. “Abbiamo vinto il premio ‘Omaggio al Frico friulano’ nel 2016 a Milano e abbiamo cercato di dare la stessa identità di un frico tradizionale come gusto e come memoria. Quello che abbiamo cercato di fare è questo: se una persona conosce il frico friulano e assaggia l’’Omaggio al Frico friulano’, si ricorda di quel gusto. È un piatto completamente diverso nella struttura, nell’estetica e nella preparazione in ogni sua parte, però è stato un omaggio perché significa elevare un piatto che fa parte di una cucina povera e renderlo un piatto da ristorante”.
Parlando in generale di cucina italiana, Napo ha sottolineato che “in Italia abbiamo delle grandissime materie prime e quindi nelle nostre cucine dobbiamo essere dei cuochi che sanno valorizzarle. Non c’è nulla da inventare in cucina, nel senso che la maggior parte delle cose è già stata tutta inventata. Quello che noi possiamo fare è soltanto rendere omaggio all’agricoltore, a chi ci porta la carne, il latte il pesce. Noi siamo soltanto l’ultima parte”.
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