
Si celebra oggi 10 febbraio 2025 il Giorno del Ricordo delle vittime delle foibe e l’esodo delle popolazioni di origine giuliano-dalmata. In occasione della celebrazione al Quirinale, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricorda che “la memoria storica è un atto di fondamentale importanza per la vita di ogni Stato, di ogni comunità. Ogni perdita, ogni sacrificio, ogni ingiustizia devono essere ricordati. Troppo a lungo ‘foiba’ e ‘infoibare’ furono sinonimi di occultamento della storia. La memoria delle vittime deve essere preservata e onorata. Naturalmente –dopo tanti decenni e in condizioni storiche e politiche profondamente mutate– perderebbe il suo valore autentico se fosse asservita alla ripresa di divisioni o di rancori”.
“Abbiamo appena ascoltato alcuni testimoni diretti di quella tragedia: Egea Haffner e Giulio Marongiu. Dobbiamo loro affetto e riconoscenza. Nelle esemplari parole che ci hanno offerto, si coglie -ha sottolineato il capo dello Stato- un forte ammonimento per la pacificazione e la riconciliazione”.
Mattarella ricorda che “nelle zone del confine orientale, dopo l’oppressione fascista, responsabile di una politica duramente segregazionista nei confronti delle popolazioni slave, e la barbara occupazione nazista, si instaurò la dittatura comunista di Tito, inaugurando una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone. Di quella stagione, contrassegnata da una lunga teoria di uccisioni, arresti, torture, saccheggi, sparizioni, le Foibe restano il simbolo più tetro. E nessuna squallida provocazione può ridurne ricordo e dura condanna”.
“I nostri concittadini di Istria, Dalmazia, Fiume- continua il capo dello Stato – furono messi di fronte al drammatico dilemma: assimilarsi, disconoscendo le proprie radici, la lingua, i costumi, la religione, la cultura. Oppure andare via, perdendo beni, casa, lavoro, le terre in cui erano nati. In grande maggioranza scelsero di non rinunciare alla loro italianità nonché, di fatto, alle libertà, di pensiero, di culto, di parola. In trecentomila –uomini, donne, anziani, bambini– radunate poche cose, presero la triste via dell’esodo. Spesso l’accoglienza in Italia non fu quella che sarebbe stato doveroso assicurare”. “Stenti, sistemazioni precarie, povertà, ma soprattutto -ha proseguito il capo dello Stato- diffusa indifferenza, diffidenza. Financo ostilità da parte di forze e partiti che si richiamavano, in Italia, alla stessa ideologia comunista di Tito. Non mancarono, nelle vicende tristi degli esuli, atti di forte solidarietà, di amicizia, di accoglienza da parte di molti italiani. Ma, in generale, la loro tragedia, di cui portavano intimamente le cicatrici, fu sottovalutata e, talvolta, persino, disconosciuta. Il mancato riconoscimento fu, per molti, una pena inattesa e dolorosa”.
“L’istituzione del Giorno del Ricordo, votata a larghissima maggioranza dal Parlamento italiano, ha contribuito -ha concluso Mattarella- a riconnettere alla storia italiana quel capitolo tragico e trascurato”.
Le parole di Giorgia Meloni
“Una pagina dolorosa della nostra storia per troppo tempo dimenticata. Ricordare è un dovere di verità e giustizia, per onorare chi ha sofferto e trasmettere questa memoria alle nuove generazioni. L’Italia non dimentica”, scrive il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, su X. Sul social la premier pubblica anche un video della sua visita alla Foiba di Basovizza del 10 febbraio 2024.
“Ricordare significa “riportare al cuore”, ovvero ricondurre ciò che ci è più caro al centro di noi. Noi oggi “riportiamo al cuore” centinaia di migliaia di storie, e restituiamo loro la dignità che meritano. Oggi onoriamo la memoria dei martiri delle foibe e torniamo ad abbracciare tutti i nostri connazionali che decisero di abbandonare tutto pur di non rinunciare alla propria identità. Italiani due volte, per nascita e per scelta”. “In questa giornata, riportiamo al cuore ogni singola storia di quella tragedia e rinnoviamo una promessa solenne. Continueremo a scrivere nuove pagine e a raccontare alle giovani generazioni ciò che è successo ai fiumani, agli istriani e ai dalmati. Perché la loro storia non è una storia che appartiene ad una porzione di confine o a quel che resta delle comunità degli esuli, ma è patrimonio di tutta la Nazione. È una storia che ha sconfitto la congiura del silenzio e che nessun tentativo negazionista o giustificazionista potrà mai più nascondere o cancellare”, conclude.
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