Filip Glavaš. Dalla Belvedere ai vertici della pallamano mondiale

Il bomber fiumano racconta il Mondiale della Croazia, chiuso con la medaglia d'argento. «Ho promesso a Enea Dessardo di diventare prossimamente socio della Comunità degli Italiani di Fiume»

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Filip Glavaš. Dalla Belvedere ai vertici della pallamano mondiale

È stato ribattezzato il Clark Gable della pallamano croata per quei baffi diventati un po’ il suo tratto distintivo e che gli hanno fatto guadagnare un bel po’ di copertine. Ma le luci della ribalta se l’è meritate anche e soprattutto a suon di gol trascinando la Croazia fino all’argento ai recenti Mondiali. Filip Glavaš è stato uno dei leader della truppa di Dagur Sigurdsson nella cavalcata iridata dalla forte impronta fiumana visto che oltre a lui a comporre la colonia quarnerina c’erano anche il figlio d’arte Veron Načinović, Tin Lučin e il preparatore dei portieri Valter Matošević. L’ex allievo della Belvedere è tornato nella sua Fiume, ma il tempo per rifiatare e staccare è poco dato che gli impegni non finiscono mai, anche quelli fuori dai campi di pallamano. Lo abbiamo infatti intercettato poco prima di girare uno spot pubblicitario. Giusto il tempo per un’intervista al volo. E rigorosamente in italiano.

Ti ha sorpreso tutta questa attenzione mediatica nei tuoi confronti?
“Ovviamente non me l’aspettavo. Ma non mi sento una star: sono semplicemente un ragazzo che ha realizzato il suo sogno di giocare a pallamano ai massimi livelli”.

Avevi detto che avresti tagliato i baffi al termine del Mondiale, eppure sono ancora al loro posto: ti ci sei affezionato?
“Li porto già da un po’ e in effetti sono diventati il mio marchio di fabbrica. È vero, avevo promesso che me li sarei tagliati, però ora nessuno vuole che lo faccia e quindi mi tocca tenermeli…”.

Torniamo al campo: brucia ancora la sconfitta in finale oppure hai realizzato il valore di quell’argento?
“Brucia ancora. Però è anche vero che abbiamo disputato un grande Mondiale e se alla vigilia qualcuno ci avesse detto che avremmo vinto l’argento, ci avremmo tutti messo la firma. Non possiamo che essere orgogliosi del percorso fatto”.

Prima del torneo ci credevate di potervi spingere così lontano o è stata piuttosto una sorpresa?
“In realtà sapevamo di poter fare grandi cose perché siamo tutti ragazzi che militano nei top club e poi perché siamo una grande famiglia, con una bellissima chimica creatasi all’interno dello spogliatoio”.

La Danimarca è veramente una squadra di extraterrestri come l’ha definita il tecnico dell’Italia Riccardo Trillini?
“Quattro Mondiali di fila non li vinci per caso. È una squadra completa, coperta in ogni ruolo e con in rosa i giocatori più forti del mondo. Oltretutto hanno cambiato poco negli ultimi 7-8 anni, giocano a memoria e si vede. Stanno scrivendo la storia di questo sport e quindi… chapeau! Mi auguro però che in futuro riusciremo a prenderci la rivincita. Ne approfitto anche per fare una considerazione sull’Italia: è stata una bella sorpresa, sono cresciuti tanto diventando oggi una nazionale di tutto rispetto. E poi mi sento spesso con Davide Bulzamini perciò sono molto felice per loro”.

Qual è stato momento più bello?
“L’accoglienza che ci è stata riservata sia a Zagabria che a Fiume. Sentire tutte quelle persone gridare il tuo nome ed essere circondati da così affetto è da pelle d’oca. Sono momenti che mi porterò dentro per sempre”.

Qualche rimpianto?
“La finale persa e l’addio di Duvnjak, Pešić e Karačić”.

Tu personalmente sei soddisfatto del tuo Mondiale?
“Nel complesso sì, anche se sono un perfezionista e alcune cose le avrei potute fare meglio. Mi riferisco ad esempio a qualche errore di troppo dai sette metri”.

In quali fondamentali punti ancora a migliorare?
“In tutti posso limare ancora qualcosa”.

Che tipo di allenatore è Sigurdsson?
“Lo abbiamo soprannominato Damir Sigurdsson per quella sua capacità di trasmetterci tranquillità. Sa come toglierci pressione e tensione, oltre a riportarci subito con i piedi per terra se per caso ci lasciamo trasportare un po’ troppo dall’entusiasmo”.

Chi è il più casinista?
“Ne abbiamo tanti di casinisti…”.

E tu sei uno di questi?
“No. Però quando c’è bisogno di fare casino non mi tiro indietro”.

Sei d’accordo con la decisione di affidare a Martinović i gradi di capitano?
“È la scelta giusta. ‘Marta’ è un ragazzo in gamba, possiede doti da leader che saprà esprimere in maniera ancora più marcata con questa nuova responsabilità. Se lo merita”.

Obiettivi con lo Zagreb nella seconda parte di stagione?
“Ci focalizzeremo soprattutto sulla Champions League. Mancano quattro partite e siamo ancora in corsa per i play-off. Ci terrei tanto a qualificarci perché a fine stagione lascerò Zagabria e vorrei farlo con un bel risultato in Champions”.

Dove ti vedremo nella prossima stagione?
“Non lo so ancora. Forse in Germania”.

Un peccato vedere il “tuo” Zamet arrabattarsi nei bassifondi della classifica…
“Dispiace veramente tanto che una realtà come Fiume non abbia una squadra ai vertici nazionali. Ovviamente è tutto un discorso legato ai soldi perché se mancano quelli non puoi compiere quello step in più e alzare il livello. Ed è un peccato se penso anche all’infrastruttura perché il palazzetto di Zamet è una delle strutture meglio attrezzate in Croazia, anche più di quella che abbiamo noi a Zagabria. È vero che le partite di Champions le disputiamo all’Arena, però tutte le altre al Kutija šibica che non è esattamente il massimo”.

Parliamo di te: perché hai scelto la pallamano?
“Un po’ per caso. Ho iniziato col nuoto dato che lo praticava mia sorella. Poi ho fatto anche pallanuoto e calcio però non facevano per me, non mi divertivo. Nel cortile della Belvedere c’erano dei ragazzi che giocavano a pallamano e così mi sono incuriosito, ho provato e… non ho più smesso”.

Pochi lo sanno mai sei anche laureato…
“Ho conseguito la laurea triennale in Ingegneria navalmeccanica a Fiume. A casa mi hanno sempre spronato a portare avanti anche gli studi nel caso non fossi riuscito a sfondare nella pallamano. Intendiamoci, non è facile conciliare l’università con lo sport professionistico, però ti forgia come persona”.

Ci sono altri laureati in nazionale?
“Non posso dirlo con certezza, ma penso di essere l’unico”.

Com’è Filip Glavaš nel privato?
“Una persona semplice, riservata e con i piedi per terra”.

Cosa fai nel tempo libero?
“Quel poco me ne rimane… Comunque caffè con gli amici, serie tv, libri e alle volte mi piace anche andare a teatro. E poi dormire, che sono un po’ un dormiglione…”.

Segui anche altri sport?
“Calcio e basket. Seguo soprattutto l’Eurolega, un tempo anche la NBA, ora decisamente meno”.

Tifoso del Rijeka?
“Tifosissimo. E domenica sarò a Rujevica”.

Come giudichi la cessione dei giocatori più forti nel mercato invernale?
“Mišković non leggerà quest’intervista, giusto? Battute a parte, chiaramente dispiace perdere i top player in piena lotta per il titolo, però d’altra parte mi rendo perfettamente conto che bisogna far quadrare i conti. Io comunque resto fiducioso e se i nuovi arrivati riusciranno entrare subito negli schemi, il Rijeka potrà giocarsela fino in fondo”.

Foto Goran Žiković

«Futuro socio della CI di Fiume»

Come mai dopo aver frequentato la Belvedere non hai proseguito il tuo percorso di studi al Liceo?
“Avrei voluto, ma siccome non c’era la possibilità di frequentare una sezione sportiva ho scelto di iscrivermi al Primo ginnasio croato, che invece offriva quest’opzione. Però se potessi tornare indietro probabilmente sceglierei il Liceo. Col senno di poi mi dispiace non averlo frequentato. Ma in compenso ho promesso a Enea Dessardo di diventare prossimamente socio della Comunità degli Italiani di Fiume”.

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