Due volontari italiani all’UI di Capodistria

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Due volontari italiani all’UI di Capodistria

La collaborazione fra l’Unione Italiana e l’Arci Servizio Civile procede a gonfie vele. Le problematiche legate alla pandemia hanno modificato il progetto, senza però cambiarne la sostanza. I volontari erano arrivati a Trieste il 15 gennaio, per lavorare alla prima fase del progetto, che prevedeva un graduale inserimento nelle dinamiche dell’Arci Servizio Civile. Dopo due mesi sarebbero dovuti partire alla volta di Fiume e Capodistria, per lavorare nei rispettivi uffici dell’UI, ma l’emergenza Covid aveva bloccato l’iniziativa. Con la riapertura dei confini di luglio, però, i primi due volontari, Alice Pennone ed Elvira Cafaro, erano arrivati a Fiume e noi eravamo subito andati a conoscerli. Ora invece, vi presentiamo Silvia Bisconti e Piero Graziano, che lavorano presso la sede di Capodistria dell’Unione Italiana.
Silvia Bisconti, 28 anni, è laureata in Cooperazione internazionale. Arriva a Capodistria da Palermo, dopo aver già affrontato un altro lungo progetto all’estero l’anno scorso, quando un corso di volontariato europeo l’aveva portata nell’Istria croata.
Piero Graziano, 27 anni, è laureato in Scienze politiche con una tesi sull’esodo e le foibe, argomento che ha sentito vicino dopo una conferenza presso la sua Università di Simone Cristicchi. “Sono molto interessato al tema e così quando ho visto che il bando dell’Arci Servizio Civile comprendeva un progetto di collaborazione in queste terre ho subito scelto di partecipare, perché era il più attinente ai miei studi”, ci racconta. Originario della provincia di Caserta, ha trovato Capodistria molto vicina all’Italia. “C’è molta presenza italiana qui. Da un punto di vista visivo ci sono insegne ovunque e anche la popolazione parla l’italiano. Sei compreso ovunque, tranne che in rare eccezioni. Pensavo che avrei trovato una più forte presenza italiana, ma è comunque più del previsto”, ci ha detto Graziano.
Anche Silvia Bisconti sapeva dell’esistenza della minoranza e della presenza della cultura italiana in queste terre, ma non si aspettava così tanto dal punto di vista linguistico: “Anche a livello culturale e di comportamento delle persone non c’è molta differenza rispetto a Palermo. Forse qui c’è uno spirito un po’ più nord europeo, con meno apertura rispetto agli estranei, ma sono tutti comunque molto cordiali. Le differenze culturali sono sfumature”.
I due volontari in questi mesi hanno visitato un po’ la costa slovena, facendo tappa anche a Isola e Pirano, località che hanno trovato molto carine. Purtroppo, però, gli spostamenti sono stati molto limitati anche a causa dell’epidemia, che ha rallentato soprattutto la parte iniziale dei lavori, come ha spiegato l’ideatore del progetto, nonché presidente dell’Unione Italiana, Maurizio Tremul. “L’epidemia ha condizionato il progetto per cui nei primi mesi si è lavorato a distanza con le complicazioni che questo comporta, soprattutto nel momento in cui inizia una collaborazione con persone che non conoscono la realtà che devono affrontare e che non sono inserite nella struttura. Venire qui e vivere con noi la giornata è una cosa completamente diversa dal lavorare in modalità a distanza”, ci ha spiegato Tremul, il quale ha affermato che dal loro arrivo i due volontari sono stati integrati completamente nella realtà dell’UI. In questo contesto la collaborazione si basa soprattutto sull’attuazione del progetto Primis, con annessa creazione dell’itinerario turistico e del centro multimediale, temi per i quali Tremul reputa che i due volontari siano determinanti. “Il fatto di avere due persone che vengono direttamente dall’Italia e che conoscono la nostra storia per averla studiata sui libri, dall’esterno, è utile per l’identificazione delle opportunità dei valori turistici che questa cultura ha. Il punto di vista di chi può essere un turista, culturalmente preparato e curioso di conoscere una realtà diversa e unica come la nostra, è un valore aggiunto”, spiega Tremul.
Infine abbiamo chiesto ai due volontari come fosse lavorare così lontano da casa in un momento talmente delicato, con la pandemia in corso e con misure restrittive e regole diverse nei vari Paesi ma anche da Regione a Regione. “Io comunque avevo affrontato un periodo all’estero anche l’anno scorso, quindi per me non è una novità essere lontano da casa. Ovviamente mi dispiace non poter essere con la mia famiglia in un momento come questo, ma non posso farci nulla”, ha rilevato Silvia Bisconti. “Il coprifuoco dalle 21 alle 6 che vige ora in Slovenia e l’impossibilità di spostarsi fra i Comuni aggiungono un pizzico di preoccupazione, ma sapevo sin da subito che avrei dovuto passare un anno lontano da casa, quindi non cambia molto”, conclude Piero Graziano.

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