Doppia cittadinanza, paletti in arrivo?

Ha suscitato grande attenzione il decreto legge adottato dal Consiglio dei ministri di Roma, stando al quale i discendenti di cittadini italiani, nati all’estero, saranno automaticamente cittadini solo per due generazioni. I vertici CNI si sono mossi immediatamente per verificare la situazione

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Doppia cittadinanza, paletti in arrivo?
Foto Shutterstock

Ha suscitato grande interesse anche nell’ambito della Comunità Nazionale Italiana la riforma della cittadinanza italiana varata dal Governo di Roma, che potrebbe avere ripercussioni sia per i discendenti degli esuli nel mondo che per quelli dei rimasti. L’obiettivo delle misure adottate dal Consiglio dei ministri – si legge in una nota della Farnesina – è valorizzare il legame effettivo tra l’Italia e il cittadino all’estero. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha chiarito che “non verrà meno il principio dello ius sanguinis e molti discendenti degli emigrati potranno ancora ottenere la cittadinanza italiana, ma verranno posti limiti precisi soprattutto per evitare abusi o fenomeni di ‘commercializzazione’ dei passaporti italiani. La cittadinanza deve essere una cosa seria”.

La novità più importante è che i discendenti di cittadini italiani, nati all’estero, saranno automaticamente cittadini solo per due generazioni: solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia sarà cittadino dalla nascita. I figli di cittadini italiani acquisteranno automaticamente la cittadinanza se nascono in Italia oppure se, prima della loro nascita, uno dei loro genitori cittadini ha risieduto almeno due anni continuativi in Italia. I nuovi limiti valgono solo per chi ha un’altra cittadinanza, in modo da non creare apolidi e si applicano a prescindere dalla data di nascita, quindi prima o dopo l’entrata in vigore del decreto-legge. Si impone inoltre ai cittadini nati e residenti all’estero di mantenere nel tempo legami reali con l’Italia, esercitando i diritti e i doveri del cittadino almeno una volta ogni 25 anni.

C’è preoccupazione

La riforma non è passata inosservata sul territorio d’insediamento storico della CNI, visti i riflessi che potrebbe avere per quanti oggi hanno la doppia cittadinanza. Il presidente dell’UI, Maurizio Tremul, ha dichiarato al nostro quotidiano: “Abbiamo appreso anche noi, come Unione italiana, di questo decreto legge che deve essere convertito in legge nei prossimi 60 giorni e che cambia le regole di acquisizione della cittadinanza italiana. Ovviamente, è un decreto legge che dobbiamo studiare, fare delle analisi, degli approfondimenti su quali sono i contenuti e su quali riflessi può avere per la nostra Comunità nazionale. È un decreto legge che vuole affrontare la questione del gran numero di richieste di cittadinanza italiana che vengono fatte soprattutto dai Paesi sudamericani: Argentina, Brasile”, ha rilevato Tremul, sottolineando che la legge è rivolta innanzitutto alle “migliaia di domande che sono pervenute, che sono in preparazione, di acquisizione della cittadinanza da parte di discendenti italiani lì emigrati”. Maurizio Tremul ha ribadito che l’UI si è già mossa. “Abbiamo avuto una riunione in questi giorni proprio su tale questione con il presidente dell’Assemblea Paolo Demarin, con il presidente della Giunta Marin Corva e con dei giuristi, per valutare la questione. Siamo preoccupati dei possibili risvolti che questa legge può avere per la CNI in Slovenia e Croazia, ma non abbiamo ancora la contezza di quali potrebbero essere queste ripercussioni”.

Si auspica sensibilità

Il presidente dell’UI ricordato che lo status della CNI di Slovenia e Croazia è diverso da quello di altre comunità italiane sparse per il mondo. “Acquisiremo delle informazioni anche rivolgendosi direttamente a Roma, per avere delle informazioni più precise. Rimane il fatto che abbiamo dai primi anni del Duemila una legge speciale che riguarda il riacquisto della cittadinanza per chi è rimasto in quelli che sono stati i territori ceduti dell’ex Zona A e dell’ex Zona B. Vanno considerati gli eventuali riflessi che il nuovo decreto legge potrebbe avere su questa nostra legge speciale. Per ora, credo che non si debba lasciarsi prendere dal panico. Ci stiamo già muovendo per capire la situazione e qualora ci dovessero essere dei riflessi negativi per la CNI, agiremo contattando il Governo italiano per chiedere che le disposizioni di riacquisto della cittadinanza italiana, che presentano numeri irrisori rispetto a quelli provenienti da altre parti, rimangano in vigore”, ha dichiarato ancora il presidente dell’UI, dicendosi certo che “anche in questo caso incontreremo una grande sensibilità da parte del Governo italiano”.

Unici autoctoni

Il presidente della Giunta esecutiva dell’UI, Marin Corva, ha rilevato: “Sto seguendo la questione con i colleghi Demarin e Tremul. A questo punto ancora non abbiamo dettagli da fornire però sicuramente agiremo e faremo tutto il possibile perché questo non vada a incidere sulla nostra gente. Mi rendo conto che ciò è stato fatto visti i problemi che esistono magari in America latina e altre zone. Però noi siamo comunque una realtà particolare, essendo gli unici italiani autoctoni che ‘non si sono spostati’ nei secoli, ma che sono stati soggetti a dei cambiamenti di frontiera”.

Vittime collaterali

Il presidente dell’Assemblea UI, Paolo Demarin, ha sottolineato: “Abbiamo appreso la notizia dell’approvazione del decreto legge da parte del Consiglio dei ministri la sera stessa in cui è stato varato. Abbiamo preso subito visione, abbiamo studiato il caso, ci siamo consultati con i nostri legali di fiducia. Adesso studieremo nei minimi particolari la legislazione in merito e poi, quando avremo una visione chiara di cosa cambia anche rispetto a quelli che sono i nostri diritti di cittadini italiani, scriveremo a Roma e ci faremo portatori di quelli che sono gli interessi della CNI. Dato che noi siamo soggetti a una legge speciale, cioè la legge del 2006 che ci ha concesso il riacquisto della cittadinanza, dobbiamo capire se in tutto e per tutto queste nuove restrizioni dello ius sanguinis avranno effetti per noi o se riusciremo a restare fuori da questa situazione. È ben chiaro il perché lo Stato italiano si è mosso in un determinato modo, perché è evidente che in alcuni continenti, in particolar modo nell’America latina c’era forse anche un abuso delle procedure. In qualche modo, siamo delle vittime collaterali di questa proposta. Noi abbiamo preso da subito la situazione sotto controllo, stiamo preparando una lettera da inviare al ministro degli Esteri Antonio Tajani. Però vogliamo andare cauti perché dobbiamo capire in realtà se tutto ciò avrà effetti immediati anche per i nostri connazionali, ovvero per la CNI in Istria, Fiume e Dalmazia”. Paolo Demarin ha evidenziato ancora che, visto che si tratta di un fatto recente, “non abbiamo diffuso alcun comunicato stampa perché stiamo lavorando quotidianamente sulla questione. Ci vogliamo muovere in sicurezza, visto che la questione interessa tutta la CNI”. Demarin ha sottolineato che è necessario analizzare a fondo la proposta di legge: “Se guardiamo il decreto legge così com’è scritto, va a colpire anche noi. Però dato che comunque abbiamo avuto un trattamento particolare, spero che ciò verrà preso in considerazione. Noi siamo italiani autoctoni, non immigrati”, ha concluso.

Esuli e rimasti

Il vicepresidente del Sabor e deputato della CNI, Furio Radin si è detto convinto che questo nuovo decreto legge non influirà sui diritti della Comunità Nazionale Italiana. “Sono fermamente dell’opinione che questo decreto legge non dovrebbe riguardare la legge specifica che tratta le problematiche che riguardano la Comunità Nazionale Italiana in Istria, Quarnero e Dalmazia. Lo dice la stessa legge: una legge speciale, specifica per una popolazione che ha avuto una storia specifica e che va trattata in maniera diversa rispetto alla riacquisizione della cittadinanza delle popolazioni emigrate”, ha detto Radin, rilevando che “questa legge tratta un problema specifico che non può essere paragonato a quelle problematiche che portano a volte anche a degli eccessi e che riguardano immigrazioni di un secolo e più fa. C’è un gruppo di lavoro online di cui faccio parte che mi tiene al corrente e che vorrebbe spiegare queste cose al Governo italiano, anche se penso che siano temi molto ben noti alla politica italiana. La storia degli esuli e dei rimasti è una storia talmente particolare da aver meritato una legge specifica, che dobbiamo mantenere”. “Se siamo riusciti a convincere la politica croata e slovena della bontà di questa legge, penso che dovrebbe essere molto più facile convincere la politica italiana”, ha concluso Furio Radin.

Agire in sintonia

Il deputato della minoranza nazionale italiana al Parlamento sloveno, Felice Ziza, ha esortato a “lavorare a favore di quella che è ancora oggi una richiesta di tanti nostri connazionali che ancora non hanno ricevuto la cittadinanza italiana seppure facciano parte della Comunità italiana autoctona, soprattutto in Slovenia. Io sono a favore che i criteri vengano facilitati al massimo affinché possano riottenere la cittadinanza. Siamo l’unica comunità autoctona residente all’infuori del territorio nazionale italiano. Dovremmo essere sempre trattati in maniera particolare ed avere anche in questo campo un maggior numero di diritti per quel che riguarda la riacquisizione e l’ottenimento della cittadinanza italiana. Oggi, comunque, la maggior parte degli Stati europei sostiene la doppia cittadinanza. Noi dobbiamo combattere affinché i nostri connazionali ottengano, su loro richiesta, la cittadinanza. Dobbiamo essere dalla loro parte e lavorare in questo senso. Bisogna agire in sintonia, fare squadra per migliorare i nostri diritti.”.

Interviene pure l’FVG

La Regione Friuli Venezia Giulia ha auspicato pure un ripensamento, in fase di conversione, del decreto legge sulla cittadinanza, visti anche i suoi possibili riflessi sui discendenti degli esuli giuliano-dalmati. “L’esperienza storica del territorio regionale è caratterizzata da diverse fasi migratorie, alcune uniche nel loro genere. Si pensi all’esodo istriano-dalmata, o alle grandi ondate migratorie dal Friuli nel secolo scorso. Per questo, negli anni, la Regione ha investito ingenti risorse su progetti che tenessero vivo il contatto tra quelle comunità all’estero e l’FVG, favorendo anche rientri che oggi potrebbero dare risposte, a fronte del calo demografico, alle necessità di giovani lavoratori”, ha rilevato l’assessore regionale con delega ai Corregionali all’estero Pierpaolo Roberti. L’assessore ha sottolineato “alcuni rischi cui si andrebbe incontro se il decreto in esame dovesse essere convertito senza alcuna modifica. Ci si potrebbe trovare, per esempio, nella situazione di non poter conferire la cittadinanza ad un argentino, discendente di esule istriano, nato in Italia e vissuto in Italia per meno di due anni. Si tratta di situazioni che andrebbero evitate poiché richiederebbero scelte alquanto paradossali e discutibili”.

La diplomazia italiana in Croazia e Slovenia ha preferito mantenere il riserbo sulla questione in attesa di consultazioni con la Farnesina.

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