Croazia-Slovenia: il paradosso delle misure restrittive

I risultati dalle strategie antiCovid di Zagabria e Lubiana confondono gli esperti

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Croazia-Slovenia: il paradosso delle misure restrittive

Due Paesi e due modi diversi di affrontare la crisi sanitaria innescata dal Covid-19. La Croazia ha deciso di adottare misure antiepidemiche più soft evitando coprifuoco e lockdown e il numero di nuovi infetti va gradatamente diminuendo. La Slovenia, invece, ha optato per una linea più dura con una chiusura totale che stenta però a dare i risultati desiderati. Gli epidemiologi sono a dir poco confusi. “Questo è un vero enigma!” hanno dichiarato perplessi. Della questione se n’è occupato il quotidiano Jutarnji list interpellando l’epidemiologo Branko Kolarić, membro del Consiglio scientifico per il Covid-19 istituito dal governo di Zagabria.
Sia ieri che lunedì in Croazia il numero dei malati affetti da coronavirus ricoverati nelle terapie intensive era sceso sotto quota 100 il che non avveniva dagli inizi di novembre. Un dato incoraggiante e che ci fa credere come le misure epidemiologiche stiano dando gli effetti tanto voluti. A migliorare ulteriormente la situazione ci sarà poi anche la vaccinazione antiCovid, ma dovremo attendere ancora qualche mese.

Esperti in affanno

Per gli “addetti ai lavori”, diciamo così, la Slovenia, o meglio il suo quadro epidemiologico, rimane un mistero in quanto continua a registrare 885 infetti su 100mila abitanti in 14 giorni nonostante le dure restrizioni in vigore. “È davvero difficile capire come mai il numero dei nuovi contagiati diminuisca così lentamente in Slovenia. Forse, ad esempio, le persone stanno in compagnia dando vita a feste illegali non attenendosi alle disposizioni degli esperti. In ogni caso quando si parla di coronavirus non va ignorata nemmeno la circolazione naturale del virus, la prima ondata se ne va e contagia un determinato numero di persone andando avanti così a cicli. Va sottolineato che il coronavirus si diffonde principalmente attraverso le goccioline del respiro delle persone infette e pertanto le feste e i raduni rappresentano i focolai di questo morbo”, ha spiegato Kolarić. “Quando il numero di contagi è elevato le misure antiepidemiche danno i risultati promessi entro breve tempo. Noi avevano 1.200 infetti su 100mila abitanti e nell’arco di sei settimane si è avuto un consistente calo del numero di nuovi contagi mentre in Germania le misure come quelle attuate in Croazia erano entrate in vigore quando il Paese aveva soli 200 infetti su 100mila abitanti passando poi ad un ulteriore irrigidimento quando si era arrivati a quota 300 contagi. Insomma, tante stranezze e incognite sono evidentemente presenti quando si parla di coronavirus. Una cosa è certa: in Croazia la situazione epidemiologica va migliorando.

Aspettando il 15 febbraio

Da qui la possibilità che il 15 febbraio prossimo bar e ristoranti come pure centri fitness possano riaprire i battenti ma solo se, ovviamente, la curva dei contagi continuerà a scendere e se non verrà confermata la presenza nel Paese della variante britannica del virus. I gestori dei locali potrebbero riaprire le terrazze dei loro locali e offrire il caffè da asporto. Se ciò non dovesse avvenire i ristoratori sono pronti a scendere in piazza. Almeno per quanto riguarda quelli della capitale croata che per il momento si mantengono calmi nella speranza che a metà mese la situazione cambi, come confermato dal presidente dell’Associazione dei ristoratori di Zagabria, Franz Letica. Intanto oggi a Zagabria ci sarà una grande manifestazione di protesta promossa dall’associazione Voce degli imprenditori (UGP) contro la chiusura degli esercizi pubblici.

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