Croazia. Mai ordinati attacchi a civili

Il premier Andrej Plenković affiancato da diversi ministri ha incontrato alcuni dei generali finiti le mirino di Sarajevo. Ribadita la piena legittimità dell’operazione Lampo del maggio del 1995. Tutti d’accordo sul’opportunità di affidare il fascicolo al Ministero della Giustizia

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Croazia. Mai ordinati attacchi a civili

La Croazia non prenderà decisioni affrettate in relazione alla domanda d’assistenza giudiziaria internazionale inoltrata il 6 agosto scorso dalla Procura della Bosnia ed Erzegovina al Ministero croato della Giustizia e dell’Amministrazione affinché la giustizia croata si faccia carico del procedimento avviato nei confronti di 14 generali e altri alti ufficiali (tra questi figurerebbero i nomi di Luka Džanko, Mladen Markač, Marijan Mareković e Davor Domazet-Lošo) sospettati di aver infranto il diritto internazionale nell’ambito dello svolgimento dell’operazione Lampo (condotta dalle Forze armate e dalla Polizia croate nel maggio del 1995 al fine di liberare la Slavonia occidentale). Le autorità di Zagabria assumeranno una decisione sul da farsi soltanto dopo che il dicastero della Giustizia avrà terminato di studiare la documentazione fornita da Sarajevo.
Una riunione fruttuosa
Le decisioni in questione saranno tese a tutelare gli interessi nazionali, i diritti delle persone indicate nella domanda d’assistenza giudiziaria internazionale e a ribadire la legittimità dell’operazione Lampo. Questi principi sono stati riaffermati nel corso dell’incontro tra il primo ministro Andrej Plenković e otto degli undici comandanti militari e alti ufficiali croati menzionati nella domanda d’assistenza giudiziaria internazionale recapitata da Sarajevo. Delle sei persone che non hanno preso parte all’incontro tre sono defunte (stando a fonti ufficiose si tratterebbe di Petar Stipetić, Imra Agotić e Ivan Basarac) e tre hanno informato a tempo debito i Banski dvori che non avrebbero potuto partecipare, scusandosi per l’inconveniente. Alla riunione, svoltasi oggi ai Banski dvori, hanno preso parte anche il vicepremier Tomo Medved (titolare del Ministero dei Difensori croati), nonché i ministri Mario Banožić (Difesa), Ivan Malenica (Giustizia e Amministrazione) e Gordan Grlić Radman (Affari esteri ed europei).
Presto un nuovo incontro
”L’incontro è trascorso molto bene. Abbiamo discusso apertamente e in modo schietto. Abbiamo informato i nostri interlocutori in merito a cosa sta accadendo e abbiamo ascoltato il loro punto di vista. Abbiamo stabilito di tornare a incontrarci dopo che il Ministero della Giustizia avrà fornito all’Esecutivo una relazione dettagliata sull’argomento (probabilmente tra una o due settimane, nda)”, ha dichiarato Plenković al termine dell’incontro. “Le nostre decisioni – ha proseguito – si baseranno su quanto sancito dalle leggi croate e dai trattati internazionali firmati dalla Croazia”. Ha invitato a non fare confusione tra domanda d’assistenza giudiziaria internazionale e atto d’accusa.
Nessun atto d’accusa da Sarajevo
“Non esiste alcun atto d’accusa”, ha affermato Plenković, confermando che ai sensi dell’Accordo sull’assistenza giuridica tra la Croazia e la Bosnia ed Erzegovina, in attesa di ottenere una risposta da Zagabria la Procura bosniaca ha sospeso momentaneamente ogni attività relativa al dossier in questione.
Nel corso della conferenza stampa indetta sull’argomento ai Banski dvori ai giornalisti si è rivolto pure Pavao Miljavac, ex capo di Stato maggiore delle Forze armate e presidente dell’Associazione dei generali croati.
Esclusa la variante A
Il generale in congedo ha spiegato che esistono due possibilità: declinare le richieste avanzate da Sarajevo, oppure lasciare che della vicenda si occupi il Ministero della Giustizia. “Se avessimo optato per la variante A la Croazia si sarebbe per certi versi ‘sbarazzata del problema’, ma a quel punto la Bosnia ed Erzegovina avrebbe probabilmente sollevato un atto d’accusa ed emesso un mandato di cattura, bloccandoci in Croazia. Di conseguenza abbiamo optato all’unanimità per la seconda soluzione”, ha detto Miljavac, rilevando che mai gli ufficiali croati hanno mai dato ordine di bombardare obiettivi civili o di compiere crimini di guerra. “In guerra le persone muoiono. La guerra non è un balletto, spesso ci sono vittime innocenti”, ha concluso Pavao Miljavac.
Stando alle fonti di stampa, gli alti ufficiali croati che hanno partecipato all’operazione Lampo sono sospettati dalla Procura bosniaca (sulla base delle denunce sporte nel 2006 dalla Polizia della Repubblica serba della Bosnia ed Erzegovina) di aver ordinato attacchi d’artiglieria indiscriminati contro obiettivi civili e le località non difese di Bosanska Gradiška e Bosanska Dubica, provocando la morte di diverse persone.

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