
Nuove norme sulla cittadinanza italiana iure sanguinis: la Comunità Nazionale Italiana in Croazia e Slovenia chiede che sia riaffermata la sua specificità; una specificità riconosciuta nel trattamento “particolare” di cui gode grazie alle disposizioni varate prima negli anni Novanta, poi sancito dalla “legge speciale” del 2006 e che riguarda chi è rimasto nei territori dell’ex Zona A e dell’ex Zona B ceduti dall’Italia. Nel caso in cui il provvedimento varato dal Governo meloni dovesse portare a un restringimento dei diritti dei nostri connazionali e dei loro discendenti, l’Unione Italiana agirà per tutelare lo status già concesso alla CNI e ottenere che nel percorso parlamentare di conversione in legge si apportino correttivi al provvedimento. I vertici dell’associazione sono pronti a dare battaglia, affidandosi tanto al supporto degli esperti in materia quanto alla sensibilità della politica italiana.
Il 28 marzo, su proposta della premier Giorgia Meloni, del ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Antonio Tajani e del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, Palazzo Chigi ha approvato norme che riformano l’acquisizione della cittadinanza per discendenza da cittadini italiani (iure sanguinis), che limitano la trasmissione automatica della stessa. In particolare, i discendenti di cittadini italiani, nati all’estero, saranno automaticamente cittadini solo per due generazioni: solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia sarà cittadino dalla nascita. I figli di italiani acquisteranno automaticamente la cittadinanza se nascono in Italia oppure se, prima della loro nascita, uno dei loro genitori cittadini ha risieduto almeno due anni continuativi in Italia. Ciò riguarda solo per chi ha un’altra cittadinanza (in modo da non creare apolidi) e si applicano a prescindere dalla data di nascita.
Scongiurare un altro torto
L’argomento è stato affrontato dall’Assemblea nell’ambito della riunione che si è svolta giovedì scorso a Capodistria, manifestando la preoccupazione per i possibili limiti imposti da Roma. Il presidente Paolo Demarin ha voluto informare i consiglieri che l’UI si è già mossa: “Abbiamo preso subito visione del decreto e ci siamo consultati con i nostri legali di fiducia ed esperti in materia di cittadinanza” per avere delle interpretazioni sul decreto che ha effetto immediato. “Ci rendiamo conto delle esigenze del Governo italiano – ha aggiunto –, ma speriamo che ciò non vada a intaccare gli interessi della CNI”.
In particolare, va sciolto il nodo concernente il requisito dell’ascendente cittadino italiano di essere nato in Italia o averci vissuto per almeno due anni continuativi prima della nascita del richiedente. I rappresentanti dell’UI cercheranno di avere degli incontri a Roma per chiarire la situazione. L’UI si adopererà per tutelare quanto concesso – anche per riparare “ai molti torti subiti”, ha ricordato Demarin – alla nostra Comunità dopo un lungo percorso, con petizioni, ampie raccolte di firme che consentivano il riacquisto della cittadinanza italiana in quelli che sono i cittadini rimasti nei territori ceduti e nei territori passati alla Jugoslavia dopo gli accordi di Osimo. “Noi siamo italiani autoctoni – ha ribadito –, non immigrati, e questo spero sia preso in considerazione”.
Nulla di nuovo sul fronte AIA
Per quanto riguarda il resto dei lavori dell’Assemblea, nella sessione del 3 aprile il presidente Demarin ha inaugurato una nuova prassi, fornendo informazioni, aggiornamenti e indicazioni prima dell’apertura del cosiddetto question time. Nell’ambito di questo spazio, oltre alla questione cittadinanza e alle vicende di Zara – la crisi della Comunità degli Italiani, che sembra stia “morendo”, come osservato dallo stesso Demarin, e la necessità di salvare l’Istituto prescolare “Pinocchio” (per farlo l’UI è pronta ad assumersi i diritti di fondazione, oggi nelle mani del sodalizio dalmata) –, ha annunciato che si sta aspettando di avere un incontro con il ministro croato della Scienza e dell’Istruzione per risolvere la faccenda delle equipollenze dei titoli di studio conseguiti in Italia, da coordinare all’interno del tavolo tecnico italo-croato, volto a garantire e a seguire l’attuazione dell’Accordo Dini-Granić del 1996, mentre per definire la posizione della Redazione italiana di Radio Pola, sulla quale i consiglieri hanno più volte richiamato l’attenzione, si farà affidamenti ai Programmi operativi delle minoranze nazionali per il periodo 2024-2028, preparati congiuntamente dai rappresentanti delle minoranze nazionali e dai dipartimenti governativi.
Sull’intestazione dell’Ospedale di Pola al medico Geppino Micheletti, l’eroe della strage di Vergarolla, Demarin ha rilevato il “no” di Zagabria. Il presidente della Giunta esecutiva, Marin Corva, ha messo al corrente l’Assemblea dei recenti sviluppi sul “caso Aia”, l’Agenzia informativa adriatica. In sostanza, per il momento tutto resta ancora sempre fermo: non c’è stato ancora modo di avere un incontro con i co-fondatori per concordare la convocazione dell’Assemblea dei soci; inoltre, sulla proposta di rilevare la sua quota (come suggerito dai consiglieri UI), Corva non ha finora ottenuto alcuna risposta da parte del partner italiano.
Bilancio contestato per motivi procedurali
E mentre i risultati della gestione (positivi, si è chiuso l’anno con + 12.763,58 euro, che sommati alle eccedenze complessive si arriva in data 31 dicembre a oltre 93mila euro), i progetti realizzati e il lavoro svolto sono passati quasi inosservati – con rammarico del presidente e coordinatore Tremul –, l’approvazione del Bilancio consuntivo dell’Unione Italiana di Capodistria per il 2024 ha fatto discutere perché sono riemersi i contrasti interni, quelli esplosi poco più di un anno fa, con la mossa inaspettata della sua Consulta e la nomina di un nuovo coordinatore (quest’estate annullata dal competente ministero sloveno), con la constatazione della disarmonia degli atti fondamentali dell’UI. Due consiglieri della Consulta, Daniela Ipsa e Robi Štule, hanno contestato la “regolarità dell’operato” che ha portato all’accoglimento del documento. In sintesi, oltre alla data (21 marzo, secondo le leggi slovene), a loro avviso prima di arrivare in Assemblea, il bilancio doveva essere sottoposto all’esame della stessa Consulta, previa supervisione del Comitato dei garanti, d’appello e di controllo dell’associazione registrata in Slovenia.
Interpellato in materia (all’insaputa del presidente dell’Assemblea), il corrispettivo organismo dell’UI di Fiume si è dichiarato non competente. “Il Comitato dei garanti, d’appello e di controllo dell’UI di Fiume non ha voce in capitolo per quanto riguarda l’applicazione di leggi contabili di un altro Stato”, ha detto il presidente Claudio Stocovaz, osservando che “siamo in condizioni tali per cui operiamo con due Unioni parallele”. “Non siamo entrati nel merito di un documento che ci riporta numeri e cifre di un’attività importante bensì ci siamo addentrati nuovamente nella problematica della procedura di approvazione e dell’interpretazione dei due Statuti cui noi facciamo riferimento, ovvero dell’Unione di Fiume e del braccio operativo di Capodistria”, ha spiegato Demarin. Dopo aver ventilato l’idea di procedere con una votazione nominale, che non è stata colta dai consiglieri, ha messo ai voti il Bilancio, che alla fine ha ottenuto disco verde.
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