Campo di prigionia Kampor. Milanović e Pahor: «Non dimenticare»

I Presidenti di Croazia e Slovenia nella ricorrenza della liberazione degli internati nel campo di concentramento allestito durante la Seconda guerra mondiale dai fascisti sull’isola di Arbe

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Campo di prigionia Kampor. Milanović e Pahor: «Non dimenticare»

I Presidenti croato e sloveno, rispettivamente Zoran Milanović e Borut Pahor, hanno partecipato insieme alla commemorazione organizzata a Campore (Kampor), nella ricorrenza della liberazione degli ultimi internati nel campo di prigionia allestito durante la Seconda guerra mondiale dai fascisti sull’isola di Arbe (Rab). Nel corso della storica cerimonia di sabato scorso i due Capi di Stato hanno stigmatizzato “la banalità del male”.
“Il fatto che per la prima volta i Presidenti di Croazia e Slovenia siano qui insieme testimonia l’amicizia e la comune consapevolezza della necessità di salvaguardare un ricordo che deve fungere da monito”, ha dichiarato Pahor, spiegando che non gli è stato difficile maturare la decisione di recarsi ad Arbe per partecipare assieme al suo omologo croato alla prima commemorazione congiunta degli eventi avvenuti a Campore (Kampor) 77 anni or sono. “Ad Arbe – ha detto – ricordiamo le sofferenze causate dall’intolleranza e dall’odio. Ogni intolleranza e ogni odio nascono dalle parole, da piccole idee, piccoli gesti di cattiveria che poi crescono fino a diventare un grande male… Così è stato anche nel caso del fascismo che qui ad Arbe ha svelato il suo volto”. Pahor si è detto dispiaciuto che a causa del Covid-19 alla cerimonia non abbiano potuto prendere parte, come da tradizione, anche gli internati sopravvissuti e i loro familiari e ha invitato Milanović a impegnarsi insieme affinché la Croazia e la Slovenia, nel rispetto dello spirito dei rapporti di buon vicinato e della convivenza curino la pace e lo sviluppo in seno alla comune casa europea.
Il Presidente croato ha definito banale il male compiuto a Campore (Kampor), spiegando che gli italiani posti a guardia del campo erano in parte, a loro volta persone semplici, sotto i cui occhi morivano persone altrettanto normali, i prigionieri croati e sloveni. Milanović ha puntualizzato di essere convinto, in virtù della consapevolezza della società contemporanea e dell’odierna Italia, che il campo di Campore (Kampor) non possa ripetersi. “Tuttavia – ha rilevato – questo campo deve ricordarci della capacità delle persone di trasformarsi da esseri umani in esseri disumani, a prescindere dall’appartenenza nazionale”. Nel corso del suo intervento Zoran Milanović ha affermato che nel campo di Campore furono internati, subendo la medesima sorte, croati, sloveni ed ebrei prelevati nelle aree controllate sia dal regime fascista italiano sia da quello ustascia.

Bortu Pahor e Zoran Milanović ad Arbe

Stando all/agenzia di stampa Hina, il campo di Campore (Kampor) fu inaugurato nel luglio del 1942. Nell’arco di 14 mesi in esso furono internati circa 15mila croati, sloveni ed ebrei, di cui 1.200 minorenni. A causa della fame e della condizioni disumane alle quali erano costretti, si afferma nel dispaccio, 4.500 prigionieri rinchiusi a Campore persero la vita. Finora è stato possibile risalire all’identità di 1.490 vittime. Dopo aver posato una corona di fiori ai piedi al cimitero memoriale delle vittime del campo Milanović e Pahor hanno assistito all’inaugurazione delle mostre “Gli ultimi testimoni” e “Le stoffe della resistenza: voci femminili” allestite negli spazi della Biblioteca civica di Arbe.

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