Calzedonia. Parola d’ordine: flessibilità

Mascherine, respiratori, camici e guanti per settimane sono state le priorità: dalle aziende di moda ai laboratori digitali, le imprese hanno convertito la loro produzione durante l’emergenza. Ora però bisogna ritornare alla nuova normalità. Ne abbiamo parlato con Francesco Ruffoli, dirigente del gruppo italiano

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Calzedonia. Parola d’ordine: flessibilità

Francesco Ruffoli è un dirigente di Calzedonia Holding. Il suo ruolo principale è quello di implementare i siti produttivi in tutto il mondo: dalla selezione del Paese fino alla progettazione e costruzione della fabbrica o unità produttiva, attraverso l’ufficio Engineering di cui è il responsabile. Per la Croazia e la Repubblica Serba, fa parte del Board di tutte le unità produttive, sia croate che bosniache, con ruolo di responsabile generale delle produttive. In particolare: Tubla d.o.o a Čakovec, Yrtres d.o.o a Varaždin, Ytres outlet Jalžabet, Intinova a Majerje e Ella textile a Nova Topola e Bytres a Prijedor in Repubblica serba. Ruffoli ricopre anche la carica di presidente della Camera di Commercio italo-croata.
Assieme al nostro interlocutore abbiamo cercato di capire quali fossero i problemi e le sfide di fronte a cui sono stati posti gli imprenditori italiani che operano in Croazia e come pensano riorganizzare la produzione nel periodo della non facile ripartenza. Bisogna rilevare che nelle scorse settimana Calzedonia si è impegnata nel sociale: ha prodotto e regalato alle istituzioni sanitarie croate ben 130.000 mascherine chirurgiche realizzate nei propri impianti. Un gesto nobile, testimonianza di una considerevole sensibilità imprenditoriale.
Come hanno funzionato gli impianti di produzione del gruppo Calzedonia in Croazia nelle settimane in cui il coronavirus ha fermato l’economia e le attività produttive?
“L’emergenza Covid-19 ovviamente ha messo in difficoltà l’organizzazione delle nostre produzioni, abbiamo dovuto reagire prontamente riprogrammando le linee e le quantità da produrre analizzando le scorte di materia prima che avevamo in casa e la difficoltà di poter essere alimentati dall’Italia in parte per le problematiche dei trasporti e in parte per la chiusura delle nostre unità produttive italiane, che ci alimentano con dei semilavorati.
Nei primi momenti siamo riusciti a mantenere il livello produttivo simile a quello pre crisi, poi abbiamo lentamente ridotto le produzioni per non dover fermare gli impianti al 100%, per cui abbiamo ridotto la forza lavoro in produzione, mantenendo comunque il livello occupazionale invariato, utilizzando le opportunità che la legge ci dava a disposizione nel periodo. Siamo arrivati a ridurre fino al 50% la produzione dei nostri articoli. Fortunatamente alcune attività in Italia sono riprese abbastanza presto per cui siamo ritornati presto al 100% della produzione”.
Quali provvedimenti sono stati presi per far fronte all’emergenza?
“Da subito ci siamo attrezzati e abbiamo acquistato i materiali necessari per poter rendere sicuri gli ambienti di lavoro e il personale che vi lavorava, forti anche dell’esperienza che stavamo vivendo a livello Italiano nelle nostre unità produttive.
Liquidi sanificanti, mascherine e guanti, ma soprattutto abbiamo messo in essere da subito le procedure sanitarie che venivano emanate dal Governo croato e dalle disposizioni interne della casa madre in Italia”.
Mi risulta che avete deciso di riconvertire una parte della produzione…
“Sì, abbiamo convertito una parte della nostra produzione nella fabbricazione di mascherine chirurgiche sanitarie da spedire in Italia e in parte da utilizzare sul territorio nazionale croato presso le istituzioni sanitarie e in camici sanitari protettivi. Abbiamo fatto costruire delle linee produttive per mascherine appositamente per noi, poi con il nostro personale e con le macchine che abbiamo in uso per la nostra produzione vengono finite e confezionate le mascherine stesse. Abbiamo anche creato una stanza sterile dove sanifichiamo tutte le mascherine affinché possano essere certificate dagli istituti sanitari nazionali del tipo 1”.
La chiusura dei punti vendita dei brand Calzedonia ha creato suppongo gravi perdite all’azienda. Come sarà la ripartenza? In quale modo l’azienda ha intenzione di affrontare il post corona?
“La chiusura dei punti vendita ha creato e sta ancora creando problematiche ai Brand del Gruppo Calzedonia. La totale chiusura dei negozi in tanti Paesi ha creato grosse perdite di incassi. Purtroppo i costi, come affitti, stipendi, bollette… in gran parte sono rimasti. In pochi Paesi, come Svezia e Bielorussia, sono rimasti aperti, registrando comunque un grande calo di incassi rispetto allo scorso anno. La fortuna di Calzedonia è di essere presente in 55 Paesi al mondo sparsi in tutti i continenti (tranne in Australia). In vari Paesi è iniziato il rilassamento delle misure anti epidemiche così abbiamo cominciato a riaprire anche i nostri negozi. Si sente comunque un calo delle vendite dovute in parte alla paura della gente di muoversi e uscire di casa, ma anche la paura di spendere per il timore di una potenziale crisi economica. Dove si è riaperto dopo la chiusura, stiamo registrando un calo abbastanza sostenuto, ma inferiore a quello che credevamo fosse. È chiaro che la cosa non sarà indolore; le ripercussioni non saranno visibili solo a breve termine, ma ci vorrà del tempo prima che la gente esca e abbia la volontà di acquistare e spendere come prima. Come azienda siamo fiduciosi e cercheremo di proporre delle campagne aggressive per far tornare i clienti nei nostri negozi, per far tornare quel clima di serenità interiore data dalla possibilità di muoversi, di uscire e di poter entrare nei negozi”.
Calzedonia in Croazia si è potuta avvalere degli aiuti che lo Stato ha previsto per le imprese e i lavoratori?
“Abbiamo utilizzato diverse misure di aiuto da parte dello Stato, come la sovvenzione per il sostegno dell’occupazione nelle aziende che hanno subito una diminuzione dei fatturato pari o maggiore del 20%, abbiamo ricevuto i fondi di 3250 kune per il mese di marzo e 4000 kune per i mesi di aprile e maggio come aiuto da utilizzare per integrare lo stipendio dei dipendenti. Il nostro gruppo ha scelto di pagare gli stipendi che hanno avuto come media degli ultimi tre mesi quindi integrando con fondi propri l’aiuto ricevuto dallo Stato; abbiamo utilizzato, inoltre, gli sgravi fiscali su una parte di contributi che si dovevano pagare allo stato per ogni lavoratore, abbiamo poi ottenuto per alcune aziende il posticipo del pagamento di alcune imposte, contributi e tasse, ed infine abbiamo utilizzato il reverse charge sull’Iva dovuta sulle importazioni”.

Francesco Ruffoli

I posti di lavoro nelle sedi di produzione del gruppo in Croazia sono a rischio in questo momento?
“I posti di lavoro non sono a rischio. Calzedonia, come dicevo prima, è molto fiduciosa nel futuro, certo è che dovremo affrontare delle sfide importanti in termini organizzativi e gestionali dei flussi di lavoro. Abbiamo già parlato e discusso anche con i nostri dipendenti delle sfide che ci aspettano e, se riusciremo a mantenere quel livello di flessibilità produttiva come abbiamo fatto anche in questa fase in maniera egregia, probabilmente saremo chiamati a lavorare qualche volta anche nelle giornate che normalmente non sono lavorative, come il sabato”.
L’estate 2020 sarà definitivamente diversa dalle precedenti. Ci sarà qualche ritocco al catalogo e qualche adeguamento al nuovo stile di vita che dovremo seguire?
“Il catalogo dell’estate 2020 oramai è già stato prodotto ed era già pronto per essere venduto, dovremo soltanto aspettare per verificare quanto e cosa saremo in grado di vendere in questo periodo. Stiamo già iniziando a produrre per la stagione invernale, studiando le collezioni primavera-estate 2021; molto dipenderà da come si evolverà il mercato. Noi saremo pronti e flessibili per poter rispondere in maniera celere alle richieste che verranno dal mercato, la vera sfida sarà quella di essere veloci nel saper interpretare le richieste del mercato ed essere nel contempo veloci nelle produzioni offrendo gli articoli richiesti in tempi molto stretti”.
Ing. Ruffoli, in questo momento lei si trova a dirigere la Camera di Commercio italo-croata, un’organizzazione importante che incide fortemente sui rapporti commerciali tra i due Paesi. In questi mesi di lockdown l’attività ha subito notevoli arresti. Siamo in grado di quantificare il danno che la pandemia sta causando all’interscambio italo-croato?
“All’inizio della situazione sanitaria legata al Covid-19 in Croazia, verso la metà di marzo, abbiamo dovuto affrontare le problematiche legate al trasporto merci e al transito delle persone, che hanno ovviamente rallentato il flusso dell’interscambio.
Attraverso un’iniziativa congiunta della Camera di commercio italo-croata, l’Ambasciata d’Italia e l’Associazione dei datori di lavoro (HUP) e altri interlocutori, in poco tempo si è trovata la soluzione per il trasporto merci organizzando dei convogli accompagnati dalla polizia croata, che tutt’ora funziona bene. I nostri soci hanno gradito particolarmente, in questo periodo di difficoltà, il fatto che la nostra Camera abbia messo a disposizione tutte le risorse possibili per dare le informazioni costantemente aggiornate e verificate sulle decisioni del Governo e sulle direttive che i vari organi della sicurezza e della salute emanavano. Riguardo i numeri dell’interscambio tra i nostri due Paesi in questo momento non sono ancora disponibili ed è ancora prematuro, ma possiamo constatare che c’è una forte diminuzione, ma comunque la cosa positiva è che non abbiamo notato un blocco totale o generale. Non solo in Croazia, ma in tutta la Ue possiamo vedere come inizia il lancio delle campagne di vendita di prodotti nazionali specialmente nel settore turistico. Non è una sorpresa data la situazione globale ed ogni paese cercherà di promuovere il più possibile la propria economia”.
Esiste il rischio che qualche azienda italiana attiva in Croazia, piccola o media, sia costretta a chiudere?
“Recentemente il nostro socio, ed in particolare l’azienda Equestris, in collaborazione con Poslovni FM ha fatto un sondaggio tra gli imprenditori che operano in Croazia, inclusi i soci della CCIC, per capire quale fosse la situazione e i danni che ha causato e quello che sta causando l’epidemia da Covid-19. Anche la Camera ha dialogato intensamente con i soci per capire i danni causati: ne è emersa una fotografia abbastanza precisa di quello che veramente sta succedendo. Le analisi prevedono un calo in tutti settori, gli imprenditori focalizzano le difficoltà soprattutto nel turismo, l’industria e nell’ import-export, un abbassamento dei ricavi e un notevole aumento dei costi di lavoro, inclusi i costi del personale, ma fortunatamente nessuna PMI della rete Camerale ha chiuso. Il 75% delle aziende hanno richiesto il sostegno economico dal Governo croato per il mantenimento dei posti di lavoro. Le previsioni che gli imprenditori si attendono è che non si riesca a uscire completamente da questa crisi prima di un anno, sempre che in autunno non ci sia una altra ondata di ritorno del virus. Nel caso in cui questo scenario dovesse avverarsi, ovviamente ci auguriamo di no, purtroppo il 63% delle aziende sono del parere che in 6 mesi saranno costrette a chiudere. Vorrei sottolineare, comunque, un notevole aumento dell’interesse delle aziende italiane per lo sviluppo post crisi in Croazia.
Qui, la Camera ha fatto un lavoro importante, fornendo informazioni aggiornate sulla situazione macroeconomica del Paese, sulle misure del Governo e tutti i procedimenti per aumentare l’attrazione verso la Croazia, è stato un servizio gratuito anche alle aziende non associate, che è un piccolo ma notevole contributo. Abbiamo pubblicato in forma digitale il catalogo dei servizi con le modalità di erogazione, abbiamo incluso anche l’elenco dei nostri associati, che sono tutti potenziali partner commerciali per le nuove imprese.
Segnalo pure che, nonostante la crisi, abbiamo avuto delle nuove adesioni che sono un segno positivo per la Croazia e una prova che gli sforzi che il team camerale sta svolgendo in questo periodo sono apprezzati dagli imprenditori.
L’altro segnale positivo è il rafforzamento della collaborazione dell’intero Sistema Italia in Croazia, promosso dall’Ambasciata d’Italia, con la partecipazione attiva dell’ufficio ICE, il Consolato generale di Fiume, l’Unione italiana e la nostra realtà Camerale, che si stanno fortemente impegnando a dare il sostegno all’economia tramite le iniziative e le attività congiunte, a breve ci sarà un evento importante per tutti gli imprenditori e realtà economiche dove parteciperanno istituzioni e consulenti per fare il punto sulle novità che potranno interessare il futuro degli imprenditori e dell’economia croata”.

Una linea di produzione Calzedonia in Croazia

Le imprese italiane in Croazia saranno costrette a rivedere piani e programmi: su quali aiuti possono contare?
“La Camera di commercio italo-croata è a disposizione delle imprese italiane, ma anche croate che contribuiscono all’interscambio tra i nostri due Paesi tramite una vasta gamma di servizi, come ad esempio le ricerche di partner, ricerche di mercato, consulenze aziendali e legali di base e tramite diverse attività di promozione e networking. Ovviamente, abbiamo adattato le nostre attività alla situazione sanitaria attuale, svolgendo questi servizi online, Abbiamo organizzato diversi webinar dove abbiamo affrontato i temi attuali, come le misure economiche intraprese dal governo, oppure le moratorie delle banche, questo tipo di attività è stata molto apprezzata da nostri soci. Nonostante tutte le difficoltà dovute alle restrizioni sanitarie, incluso anche il forte terremoto che ha colpito Zagabria nel mese di marzo, nel quale l’ufficio della Camera ha subito grossi danni tanto da essere dichiarato inagibile, non ci siamo fermati, anzi, abbiamo rafforzato i nostri rapporti con gli enti Governativi, con il Sistema Italia e con i nostri soci, che sono lo scopo e la ragione della nostra esistenza. Colgo l’occasione per invitare tutti gli interessati a rivolgersi alla Camera per poter facilitare un ulteriore sviluppo delle attività. Il nostro motto da sempre è: insieme per il successo nel quale crediamo davvero”.
Qualche anno fa in un’intervista alla nostra rivista ci aveva confessato di considerare la Croazia la sua seconda casa? È ancora così?
“Oggi ancora di più. Sono stato costretto a rimanere per più di due mesi a casa mia in Italia, peraltro molto bella e in una posizione assolutamente invidiabile, e quindi non devo per questo lamentarmi. Eppure ho sentito veramente la mancanza della Croazia e della sua gente. Riesci ad apprezzare veramente ciò che ti piace quando questo ti viene a mancare, ovviamente faccio riferimento alle persone che collaborano con me nelle fabbriche produttive, che hanno saputo gestire il momento di emergenza con molta professionalità e bravura. Il 13 maggio per la prima volta sono riuscito a rientrare in Croazia, e ho potuto entrare in produzione. Una persona mi ha chiamato dall’Italia e mi ha chiesto come stavo, la mia risposta è stata: ‘sono molto felice perché sento il profumo e i rumori della produzione e delle persone che ci lavorano, questo per me è ossigeno’”.

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