
Basta la parola. Gabriele D’Annunzio. Non serve altro per mandare in fibrillazione il mondo politico e mediatico, storici e analisti in Croazia. Certo, il recente film di Igor Bezinović “Fiume o morte” ha avuto il merito di rompere il muro di silenzio sull’Impresa di D’Annunzio, ma anche sulla storia nel suo complesso del capoluogo quarnerino sulla quale molti degli attuali abitanti sembrano avere solo idee preconcette, nonché di creare i presupposti per un avvio del dialogo sul passato fondato su basi storiche rigorose, il tutto ovviamente in uno spirito europeo, di apertura, scevro da ogni spinta etnocentrica. Ma la pellicola, vista da decine di migliaia di persone, che ha dato ampio spazio anche al dialetto fiumano e all’italiano, è stata pur sempre un modo per veicolare una terminologia tipica della storiografia croata e far trapelare una ben determinata interpretazione storica. Com’è legittimo del resto in un’opera d’arte, quale indubbiamente è il film. Ed ecco però che basta che faccia capolino una terminologia tipica della penisola appenninica che subito vi sia un sobbalzo da queste parti.
Ciò è accaduto inevitabilmente quando è arrivata la nota con la quale il Centro Studi Dannunziani e Patriottici ha fatto sapere di voler organizzare per domenica 8 giugno, presso la Sala Meeting dell’Hotel Continental del capoluogo quarnerino, il Primo Premio Internazionale Reggenza Italiana del Carnaro – Città di Fiume. Un evento alla luce del sole, con l’invito esteso alle autorità municipali di Fiume, ai rappresentanti del Consolato generale italiano e alla Comunità degli Italiani di Palazzo Modello. Il sodalizio della minoranza, evidentemente ben consapevole dell’aria che tira in simili situazioni, ha preferito declinare subito l’invito. Fra le forze politiche è stata lo schieramento di sinistra Možemo! a farsi avanti con un comunicato ufficiale per esprimere tutto il suo sbigottimento e il suo sdegno per un evento considerato di carattere revisionista. E l’autorevole quotidiano zagabrese Jutarnji list ha pure stigmatizzato la “bizzarra” iniziativa dei dannunziani, rilevando che è evidente che non si tratta “di un convegno serio di storici e politologi, bensì di un gruppetto di lunatici” tanto più che l’evento “gode del patrocinio di tre diversi ordini nobiliari, tra cui quello dell’Impero romano d’occidente”. Il quotidiano zagabrese a dire il vero ha ricordato gli elementi progressisti della Reggenza dannunziana, quali la parità dei sessi e il diritto al divorzio, rivoluzionario per l’epoca. Ma ha anche ravvisato i soliti elementi ideologici e nazionali che la rendono indigesta all’opinione pubblica croata.
Certo, a giudicare dalla nota degli organizzatori, all’evento fiumano, poi annullato probabilmente in seguito alle polemiche che ha innescato, si sarebbe parlare anche di temi di scottante attualità, come identità e valori nazionali e sovranisti nell’epoca della globalizzazione e del mondo senza confini. Con richiami al Vate ovvio. Ma l’aria che tira non è propizia da queste parti. Il passato e le opposte visioni pesano, purtroppo.
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