
Le (eventuali) dimissioni di Maurizio Tremul servirebbero a qualcosa? Sono state chieste, più o meno direttamente, dai consiglieri Gaetano Benčić (Torre), Gianclaudio Pellizzer (Rovigno) e Sandro Vrancich (Fiume), additandogli la responsabilità della situazione, mentre per Enea Dessardo (Fiume) sia lui che i sette consiglieri della Consulta di Capodistria non dovrebbero più ricandidarsi alle prossime elezioni. Lo stesso Tremul ha dichiarato che potrebbe seguire i “consigli” e che starebbe valutando di ritirarsi definitivamente dalla scena (politica) della Comunità Nazionale Italiana a conclusione di questo mandato. Lo ha fatto all’Assemblea dell’Unione Italiana riunita mercoledì 2 lgulio a Gallesano, dove i consiglieri hanno trattato un punto intitolato “Presa di posizione in merito alla Delibera dell’Unità amministrativa di Capodistria sul funzionamento dell’Associazione degli Appartenenti alla Comunità Nazionale di Capodistria (UI Capodistria)”.
È da oltre un anno che cercano di venire a capo di una matassa legata al “braccio” di Capodistria, esplosa tra le loro mani dopo che il 9 gennaio 2024 sette consiglieri della parte slovena si sono riuniti in separata sede e hanno nominato Astrid Del Ben a coordinatrice dell’UI Capodistria. La notizia è che il dialogo prosegue in modo propositivo, ma c’è ancora molto di cui parlare prima di arrivare a un’intesa di fondo, a uno sbocco sano. Su due concetti Paolo Demarin, presidente del “parlamentino” Ui, non è disposto a transigere: l’unità (che si traduce anche nell’agire tutti insieme) e il ruolo chiave delle Comunità degli Italiani.
Alla prossima tappa – la sedicesima sessione dell’Assemblea UI è stata aggiornata a una data ancora da definire –, con molta probabilità sarà concordata la strada da intraprendere. C’è l’iniziativa di Tremul, presidente dell’UI e dal 30 giugno investito (nuovamente) del ruolo di coordinatore della Consulta capodistriana. I soci fondatori dell’associazione registrata in Slovenia nel 1998 l’hanno incaricato di procedere con l’adeguamento degli atti fondamentali, visti i rilievi mossi dall’Unità amministrativa competente e le decisioni del Ministero sloveno dell’Interno. Su un altro binario si è mossa l’UI di Fiume, nella fattispecie il presidente della Giunta esecutiva, Marin Corva, di concerto con la Presidenza dell’Assemblea, i consiglieri UI e le Comunità degli Italiani del Capodistriano: nell’incontro informale del 23 giugno si sono trovati d’accordo a iniziare a mettere in regola i documenti fondamentali, per poi andare a sistemare via via tutti gli altri aspetti. A quanti hanno contestato l’intraprendenza dell’UI di Fiume, Corva ha precisato che non si è trattata di alcuna prevaricazione nei confronti dell’autonomia giuridica dell’UI di Capodistria quale soggetto sloveno. Quelle della Giunta sono state delle semplici prese d’atto – ha precisato –, proposte, suggerimenti che sono stati male interpretati.
“Abbiamo bisogno di coraggio, di trasparenza, di volontà di rinnovamento per costruire un futuro solido e condiviso”, ma sempre nel rispetto della legalità, “anche quando le leggi ci sembrano ingiuste o sfavorevoli nei nostri confronti”. Il presidente dell’Assemblea, Paolo Demarin, si è detto convinto che sia possibile trovare un modello conforme sia alle leggi che alle nostre esigenze, e che ci garantisca solidità”. E ha ricordato che qualche anno fa era stata avviata una riforma statutaria, ma era stata frenata da chi, a suo avviso, temeva di perdere potere e controllo. “Oggi posso riconoscere che non tutto di quello era sbagliato, anzi. Evidentemente non era il momento giusto, forse mancava il metodo, ma tante di quelle riflessioni restano valide e oggi possiamo rileggerle con spirito diverso, più consapevole e meno polarizzato”.
“Il nostro obiettivo è semplice. Garantire che la nostra Comunità sia sempre fondata sulla legge, sulla trasparenza e sui principi democratici fondamentali. Solo così potremo continuare a camminare uniti, con rispetto reciproco e con la certezza che i nostri interessi e la nostra identità siano gestiti nel rispetto delle regole, e come tali sempre valorizzati”, ha precisato Daniela Ipsa, consigliere di Pirano e una dei sette consiglieri sloveni dell’Assemblea UI che avevano indetto la precedente riunione della Consulta. Ipsa ha definito “unilaterale” la mossa di Tremul: con la riunione del 30 giugno, i soci che vi hanno partecipato avrebbero “pubblicamente e deliberatamente riconosciuto l’illegittimità e l’illegalità delle modalità con cui stata convocata e condotta la gestione dell’UI di Capodistria”.
Enea Dessardo ha osservato che i dissidi interni stanno inquinando l’operato e il modo di pensare, generando tante perplessità e tristezza nei connazionali che si chiedono che cosa stia succedendo. Ha detto di essersi sentito preso in giro tre volte: la prima quando un gruppo di consiglieri ha provato a ribaltare una decisione comune presa dall’Assemblea a Verteneglio e si sono arrogati il diritto e la libertà di stabilire quale potrebbe essere il futuro di una parte dell’UI senza informare gli altri; successivamente quando l’Assemblea ha condannato chi ha fatto qualcosa che non doveva fare, ma non ha preso provvedimenti e la terza volta quando “invece di cercare di risolvere noi il problema, o perlomeno di cercare di portarci avanti con il lavoro per risolverlo, abbiamo atteso che qualcun altro desse l’esito finale” in riferimento all’Unità amministrativa di Capodistria. Ha auspicato che si lavori fianco a fianco per cercare di sistemare le carte, seguendo non il feeling ma statuti e leggi.
Ha difeso le scelte fatte Dyego Tuljak, uno dei sette “golpisti” (appellativo che respinge). “Concordo, non abbiamo agito secondo le consuetudini, quelle che sono state dell’Unione Italiana degli anni passati, e di questo possiamo prenderci la responsabilità, ma una consuetudine non è un atto statutario, non è un atto legale”. “Se noi siamo stati definiti come dei disfattisti, quali provvedimenti dovremmo prendere nei confronti dei soci fondatori” che in 27 anni non hanno fatto nulla per adeguarsi alle leggi?. “Noi ci siamo trovati con una patata bollente tra le mani e siamo stati gli unici ad agire”, ha concluso.
Per Krsto Babić (Abbazia), il principio di unitarietà della CNI non è mai venuto meno, al contrario, essa continua a manifestarsi in modo autentico attraverso i vari eventi culturali e sociali che legano la partecipazione attiva delle nostre Comunità degli Italiani da entrambe le rive della Dragogna. Ci troviamo in una fase che ci invita a riflettere con calma e serenità “per individuare una via d’uscita non solo funzionale nell’immediato, ma sostenibile nel tempo. Una soluzione capace di restituire equilibri”, consentendo alla CNI di “proseguire il suo cammino su basi solide e durature”.
Per Gaetano Benčić la responsabilità delle “criticità serie e ormai innegabili” riscontrate all’UI di Capodistria ricade su Maurizio Tremul: “ha abdicato al suo ruolo di garante dello Statuto e della coesione dell’Unione”. Secondo il consigliere di Torre e membro della Giunta esecutiva, la rappresentanza della CNI è nell’Unione Italiana di Fiume, quella di Capodistria “non serve”, si salva l’Ufficio Europa “che fa dei bei progetti”. Il consigliere fiumano Sandro Vrancich, d’accordo con le valutazioni di Benčić, ha fatto presente che l’UI ha davanti a sé due binari: seguire la linea dell’Esecutivo e la cooperazione con le CI del Capodistriano, oppure lasciare fare tutto al presidente Tremul.
Il consigliere rovignese Gianclaudio Pellizzer, si è richiamato ai “padri fondatori” dell’UI, a un’unitarietà con non mai stata messa in predicato, ai tentativi fatti negli anni di risolvere le disarmonie e ha chiesto a Tremul di fare un gesto di responsabilità: consegni le proprie dimissioni, oppure offra tutta la sua disponibilità al presidente della Giunta esecutiva e al presidente dell’Assemblea affinché continuino con quel percorso che hanno avviato ultimamente con tutte le Comunità della Slovenia per sciogliere i vari nodi.
“Mi pare di capire che il male di tutti i mali sono io, e quindi dopo aver servito per più di trent’anni la CNI e quest’Unione Italiana ora potete crocifiggermi e abbiamo risolto la questione”, così Tremul in apertura del suo intervento. Tremul è partito da lontano per far comprendere l’origine delle cose, il contesto in cui sono avvenute molte scelte. Concludendo: “Io mi sento con la coscienza a posto”. “Sono convinto che anche quello che abbiamo anche fatto lunedì 30 giugno vada nella direzione di sistemare le cose. Dovremo essere molto creativi per trovare una soluzione”, ha rilevato, sottolineando che nel fare il passo insieme con i soci fondatoti sono state seguite le indicazioni ricevute dall’Unità amministrativa, “che sono i presupposti per incominciare a regolare le cose che ci è stato chiesto di regolare”.
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