Apertura dei confini. Questione in stand-by

INCHIESTA La Croazia allenta le misure ma la Slovenia temporeggia: un accordo bilaterale non è stato ancora raggiunto. Il risultato? Rupa e Pasjak sembrano valichi fantasma, con pochissime persone in transito

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Apertura dei confini. Questione in stand-by

Questa settimana è scattata la terza fase di allentamento delle misure di contenimento che, tra le altre, ha visto una parziale liberalizzazione dei confini. Dietro, però, a rigide norme di sicurezza e di limitazione degli spostamenti. Per quanto riguarda la Regione litoraneo-montana, sono aperti esclusivamente i valichi di Rupa e Pasjak, nonché di Prezid e Brod na Kupi in Gorski kotar, mentre tutti gli altri sono tuttora off-limits. Al momento sono consentiti l’ingresso e l’uscita per motivi di lavoro, interessi economici o impegni privati inderogabili, come disposto dal Comando nazionale della Protezione civile. Ciò vale per i cittadini croati, i cittadini dell’Unione europea e i cittadini di Paesi terzi residenti all’interno dell’Ue. I controlli vengono eseguiti normalmente, a eccezione di coloro ai quali era stata imposta in precedenza la misura dell’autoisolamento. In questo caso sono tenuti a esibire il certificato che attesti l’avvenuta conclusione del periodo di quarantena o la guarigione qualora avessero contratto il coronavirus. A chiunque entri, viene inoltre distribuita una brochure contenente tutte le norme sanitarie e di protezione individuale da rispettare, per ridurre al minimo il rischio di contagio. La novità principale riguarda però l’abolizione della misura di autoisolamento obbligatorio per chiunque entri in Croazia.
Chi immaginava già un’invasione dalla vicina Slovenia, in quanto i cittadini sloveni sono proprietari di tantissime case vacanza lungo la costa croata, e in particolare nella nostra Regione, come pure di imbarcazioni ormeggiate nei marina e di roulotte nei vari campeggi, ha dovuto ben presto ricredersi. Infatti, l’allentamento non è ufficialmente operativo dal momento che non è stato ancora raggiunto un accordo bilaterale sui protocolli da attuare da parte degli Istituti di salute pubblica e della Polizia dei due Paesi. Il Ministero degli Esteri di Lubiana è stato subissato di domande e delucidazioni sulle modalità di rientro dato che in Slovenia è ancora in vigore la quarantena obbligatoria di sette gironi per chi torna dall’estero.
Il risultato? I valichi di Rupa e Pasjak sembrano essere rimasti bloccati al periodo del lockdown. A parte gli autotrasportatori, che non si sono mai fermati, di automobilisti, sia in entrata che in uscita, ce ne sono davvero pochi.

 

Da Maribor a Ossero
A Rupa dobbiamo attendere un bel po’ prima d’incontrare qualcuno che attraversi il confine. Ci armiamo di pazienza. Dopo un po’ giunge una macchina in entrata. Ci avviciniamo. A bordo ci sono due uomini di mezza età. “Arriviamo da Maribor e stiamo andando a Ossero – ci raccontano, preferendo però restare anonimi –. Lì abbiamo una barca da riverniciare e rimettere a posto in vista dell’estate. Vi resteremo per qualche giorno. In quarantena al rientro? Non lo sappiamo. In questi giorni il governo sta discutendo la sua abolizione. Che poi, oggettivamente, sette giorni di autoisolamento non servono a nulla considerando che i sintomi del virus uno li può manifestare anche dopo un mese”.
La limitazione degli spostamenti ha creato seri problemi a chi per motivi di lavoro attraversa quotidianamente la frontiera, come nel caso di Danijel, che fa il gommista in un’officina alle spalle di Fiume e che tra la sua clientela ha diversi cittadini sloveni.
“Faccio su e giù praticamente tutti i giorni – ci dice mentre un agente controlla i suoi documenti all’uscita dal Paese –. Capisco l’emergenza sanitaria, ma la questione legata ai confini doveva essere gestita diversamente. Mi riferisco in particolare ai frontalieri: tanti di noi lavorano al di là del confine e non facciamo mica avanti e indietro per divertimento. Ci vorrebbe più flessibilità nei nostri confronti”.
L’autorizzazione ignorata
Se la Croazia ha allentato le restrizioni, lo stesso non si può dire della Slovenia. Qui sono ancora in vigore misure molto restrittive, soprattutto quando ci sono di mezzo cittadini stranieri. E a farne le spese è stata Vanda, una signora residente a Cherso. “Guardate questo documento – ci mostra un foglio che tiene in mano –. È l’autorizzazione firmata dalla Task force slovena che mi autorizza a effettuare il cambio gomme in Slovenia. Eppure al loro confine mi hanno respinto dicendomi che il cambio di pneumatici non è un motivo valido per entrare nel Paese. Vista la situazione, su questo posso essere anche d’accordo, ma come può la Polizia ignorare un documento controfirmato dal proprio governo? È assurdo. Ho perso mezza giornata per nulla. E i soldi della benzina e del traghetto ora chi me li rimborsa?”.
Infine c’imbattiamo in Dajana. Abita in Slovenia, ma per motivi privati è costretta ad andare avanti e indietro molto spesso.
Polizia infastidita
“Mia madre sta in Croazia ed essendo molto anziana, mi prendo di cura di lei. Ho la certificazione e finora non ho avuto alcun tipo di problema, però conosco frontalieri che hanno invece incontrato parecchie difficoltà in seguito alla limitazione degli spostamenti. Entrambe le parti sarebbero dovute essere un po’ più tolleranti nei loro confronti”.
Siccome a Rupa c’è poco movimento, decidiamo di spostarci nel vicino valico di Pasjak, solitamente più trafficato. Questo però è di competenza della Polizia slovena che si dimostra fin da subito infastidita dalla nostra presenza. Riusciamo tuttavia a intercettare due donne che hanno appena superato i controlli. Non hanno molta voglia di parlare, ma prima di salire a bordo del taxi che le aspetta nella vicina piazzola di sosta, ci rivelano di lavorare in Italia e di essere dirette a casa in Bosnia. Alla domanda se dovranno osservare i canonici 14 giorni di autoisolamento, rispondono di no, precisando che il governo bosniaco ha appena revocato tale misura, al che rimaniamo piuttosto perplessi. Il nostro giro termina qui. Ci pare di capire come la Croazia stia mordendo il freno per riaprire e quindi iniziare lentamente a mettere in moto un’economia ormai in grave debito d’ossigeno. Viceversa, i vicini sloveni sono decisamente più cauti e per il momento preferiscono temporeggiare. Ad oggi, tra i due Paesi non è stato raggiunto alcun accordo sulla questione e, come spesso accade in queste situazioni, a pagarne le conseguenze sono coloro per i quali quella sottile linea di confine è di vitale importanza.

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