Allarme povertà in Croazia: il 20% della popolazione a rischio

Situazione particolarmente drammatica tra gli over 65, dove la percentuale sale al 35%. L'ombudsman chiede un intervento più deciso dello Stato

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Allarme povertà in Croazia: il 20% della popolazione a rischio
Foto Roni Brmalj

In Croazia, una persona su cinque vive a rischio di povertà, con una situazione particolarmente drammatica tra gli over 65, dove la percentuale sale al 35%. Ancora più grave è la condizione degli anziani che vivono da soli: il 60% di loro si trova in una condizione di forte vulnerabilità economica. Di fronte a questi dati allarmanti, il Difensore civico, Tena Šimonović Einwalter, richiama la responsabilità dello Stato, sottolineando che l’assistenza ai poveri non è una questione di carità, ma un dovere di un Paese che si definisce “sociale”.

“Un dato spaventoso”, ha dichiarato l’ombudsman, annunciando una serie di proposte che saranno inviate al Ministero del Lavoro, del Sistema pensionistico, della Famiglia e delle Politiche sociali. Tra le richieste principali ci sono l’aumento della soglia della garanzia del reddito minimo, l’abolizione dell’obbligo di lavoro per il bene comune per chi riceve aiuti sociali e l’elaborazione di un piano strategico per contrastare il fenomeno dei senzatetto.

Durante una recente sessione del Comitato per i diritti umani, Šimonović Einwalter ha ribadito che lo Stato “non deve considerare l’aiuto ai poveri come un atto di benevolenza”, ma come una “responsabilità istituzionale”. Questa responsabilità deriva direttamente dalla Costituzione croata, che definisce il Paese come uno Stato sociale, ma anche dagli obblighi imposti dal diritto internazionale, che fa parte del sistema giuridico nazionale.

Il difensore civico avverte inoltre che “la povertà compromette l’accesso a numerosi diritti fondamentali”, come la salute, la sicurezza sociale, l’abitazione dignitosa, il lavoro, l’istruzione e la tutela dalla discriminazione. “Quando si parla di diritti umani, si innesca spesso una reazione a catena”, spiega all’agenzia Hina. Ad esempio, chi è povero non può permettersi un’alimentazione adeguata, vive in condizioni abitative precarie (spesso senza riscaldamento e in ambienti umidi) e questo si ripercuote sulla sua salute.

La povertà colpisce anche i bambini, rendendo difficile l’accesso all’istruzione e aumentando il rischio di lavori precari e mal retribuiti in futuro. Chi lotta per la sopravvivenza quotidiana spesso non è nemmeno a conoscenza dei propri diritti o non ha i mezzi per farli valere, subendo discriminazioni, mobbing o la mancata retribuzione del proprio lavoro.

Tutto ciò dimostra che la povertà non è solo un problema delle politiche sociali, ma una questione che riguarda molteplici settori della società.

Sopravvivere con 208 euro al mese

Una delle principali criticità segnalate dall’ombudsman riguarda la garanzia del reddito minimo, che per alcuni gruppi vulnerabili, come gli anziani soli, rimane invariata. “Oggi un anziano che vive da solo riceve 208 euro al mese, una cifra che è meno della metà della soglia di povertà, fissata a 493 euro”, denuncia Šimonović Einwalter.

Per questo motivo, propone che l’aumento del reddito minimo garantito venga esteso agli anziani, sia quelli che vivono soli che quelli in nuclei familiari.

Il lavoro obbligatorio per chi riceve aiuti sociali: «È sfruttamento»

Un altro problema cruciale riguarda l’obbligo imposto ai beneficiari della garanzia di reddito minimo di lavorare per il bene comune. Se si rifiutano, perdono il diritto all’assistenza sociale. Il difensore civico ritiene che questa pratica “sia una forma di lavoro gratuito forzato”. “Se questa assistenza fosse considerata uno stipendio, il suo importo sarebbe insufficiente a coprire i bisogni essenziali”, sottolinea.

Uno studio condotto dal Centro per gli studi sulla pace e dal Centro per la pace, la nonviolenza e i diritti umani di Osijek ha dimostrato che alcuni comuni utilizzano questa misura in modo sistematico, mentre altri non la applicano affatto. Inoltre, alcuni beneficiari vengono chiamati ripetutamente a svolgere questi lavori, mentre altri non vengono mai convocati, evidenziando una gestione disomogenea e poco trasparente.

Un piano nazionale per contrastare il fenomeno dei senzatetto

Un altro punto cruciale riguarda i senzatetto. Il difensore civico sottolinea l’urgenza di un “piano strategico nazionale per contrastare e prevenire il fenomeno dell’emarginazione abitativa”, un problema che finora “non è stato affrontato” adeguatamente dallo Stato.

“I senzatetto affrontano problemi enormi, come la mancanza di documenti d’identità, la difficoltà di accedere all’assistenza sanitaria e la scarsità di alloggi disponibili”, spiega Šimonović Einwalter. A questo si aggiungono stigma sociale e pregiudizi, che aggravano ulteriormente la loro situazione.

Ad oggi, “non esistono dati ufficiali sul numero esatto di persone senza fissa dimora”, né un’analisi approfondita sulle cause che le hanno portate in strada.

Sistema sociale debole e poco accessibile

In conclusione, l’ombudsman evidenzia che il sistema di assistenza sociale in Croazia “non è sufficientemente forte né accessibile” ai cittadini che ne hanno bisogno. Tra le soluzioni proposte c’è la riduzione del carico amministrativo per gli operatori sociali, permettendo loro di dedicare più tempo ai cittadini in difficoltà.

Secondo Šimonović Einwalter, il nuovo piano di riforma della legge sull’assistenza sociale dovrebbe essere sviluppato con il contributo attivo degli esperti del settore, delle organizzazioni della società civile e delle associazioni umanitarie che operano sul campo. “Queste organizzazioni conoscono meglio di chiunque altro le reali condizioni di vita delle persone in difficoltà e devono essere coinvolte nella definizione delle politiche sociali”, conclude.

Il dibattito sulle modifiche alla legge sulla protezione sociale è ancora aperto, e ci si augura che le proposte del difensora civico vengano accolte prima della chiusura della consultazione pubblica, prevista per il 12 febbraio.

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