
La lista degli atleti fiumani che hanno conquistato almeno una medaglia alle Olimpiadi estive è bella lunga. C’è chi lo ha fatto rappresentando la Croazia, chi difendendo i colori dell’ex Jugoslavia e chi ancora portando il tricolore italiano sul petto. Tra questi ultimi svetta il marciatore Abdon Pamich, oro nella 50 km a Tokyo 1964 e bronzo sulla stessa distanza a Roma 1960. Quest’anno ricorre il 60º anniversario di quella clamorosa impresa che vide Pamich trionfare sulle strade della megalopoli nipponica, che lo ha consacrato come uno dei marciatori più forti della sua epoca e consegnandolo per sempre alla storia dell’atletica leggera internazionale. Oltre che dello sport italiano e fiumano. Per celebrare quel capolavoro di 60 anni fa, ma anche tutti gli altri trionfi raccolti durante la sua immensa carriera, a Palazzo municipale si è tenuta una cerimonia speciale nel corso della quale gli è stata consegnata la targa che di fatto segna il suo ingresso nel Club degli olimpionici di Fiume in qualità di socio onorario. Un giusto e dovuto (e forse anche un po’ tardivo…) riconoscimento a una figura che ha scritto pagine indelebili della marcia e che porta la sua Fiume nel cuore, rimarcando in ogni occasione le sue origini e la sua fiumanità, anche al di fuori del contesto sportivo. Perché Fiume è casa e anche se la città di oggi non ha più nulla a che vedere con quella nella quale è nato e cresciuto, e che dovette lasciare da adolescente nel 1947, l’attaccamento alle proprie radici lo riporta puntualmente all’ombra della Torre civica. Sempre accompagnato dal suo grande amico Francesco Squarcia e da suo fratello Giovanni, di due anni più grande, naturalmente presenti nell’Aula consiliare in quest’occasione così speciale.

Nella prima parte della cerimonia sono intervenute varie autorità, nell’ordine il preside della Facoltà di Giurisprudenza di Fiume, Dario Đerđa, la rettrice dell’Università di Fiume, Snježana Prijić Samaržija, il presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana, Marin Corva, il presidente dell’Unione Italiana, Maurizio Tremul, nonché la Console Generale d’Italia a Fiume, Iva Palmieri, la quale ha portato i saluti dell’Ambasciatore d’Italia a Zagabria, Paolo Trichilo. Dopodiché Srećko Juričić, in rappresentanza del Rijeka calcio, gli ha donato una maglia della squadra del cuore (capita infatti di vederlo in tribuna a Rujevica), come pure la tessera del tifoso. Quindi è seguita la consegna della targa del Club degli olimpionici di Fiume, conferitagli da Samir Barać.

Un pugile mancato
Poi, finalmente, a prendere la parola è stato Abdon. Per raccontare e raccontarsi. Con i docenti Vanja Smokvina e Marinko Lazzarich, i principali promotori di quest’iniziativa, a moderare questa sorta di panel. Una preziosa occasione per conoscere aspetti meno noti della vita e della carriera di questo campione intramontabile che lo scorso 3 ottobre ha spento 91 candeline. Ma sempre arzillo e arguto. Nel corpo e nello spirito.
Se non ci fosse stato il dramma dell’esodo, Abdon avrebbe forse intrapreso al carriera di pugile. Quasi scontato avendo un certo Ulderico Sergo come vicino di casa. Uno che ha vinto giusto l’oro olimpico a Berlino 1936… “C’era una palestra vicino a casa nostra, in via Manzoni – racconta –. Ci andavo spesso, accompagnato da zio Cesare, e così mi sono appassionato al pugilato. Poi abbiamo dovuto lasciare Fiume e ricominciare da zero. Mai avrei pensato di fare atletica, e invece…”. Chissà se sul ring avrebbe raccolto gli stessi successi della marcia, che lo hanno portato anche a essere scelto come portabandiera dell’Italia alla cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Monaco di Baviera nel 1972. Eppure, per Abdon la vittoria più bella non è l’oro di Tokyo e nemmeno il bronzo messo al collo quattro anni prima nella “sua” Roma, bensì un’altra. “Vinsi una gara a Praga nel 1956, poco prima di partecipare ai Giochi di Melbourne. In realtà non avrei nemmeno dovuto correre, ma Pino Dordoni (oro nella marcia 50 km a Helsinki 1952, nda) rinunciò e così toccò a me prendere il suo posto. In gara c’erano tutti i marciatori più forti che si stavano preparando per Melbourne e batterli tutti è stata una grandissima soddisfazione”.

Tennis e pallamano
Pochi lo sanno, ma Abdon vanta anche un dottorato in psicologia, uno strumento prezioso nella sua “seconda” carriera, quella di allenatore, che lo ha portato negli anni Ottanta a seguire le tenniste azzurre e nel decennio successivo a entrare a far parte dello staff dell’umaghese Lino Červar nella nazionale italiana di pallamano. “È stato un periodo molto proficuo. Ho seguito tenniste che non erano campionesse, ma delle belle promesse. Qualcuna è anche entrata nella top 30 mondiale. Con la squadra di pallamano abbiamo invece centrato una storica qualificazione al Mondiale del 1997”. Lo sport di oggi ha ben pochi punti di contatto con quello di ieri. “Ai miei tempi lo sport era innanzitutto passione, non c’era un ritorno economico. Oggi invece vedo gli atleti sempre corrucciati, a pensare soltanto ai guadagni. Un messaggio ai giovani? Di divertirsi cercando sempre di migliorare sé stessi”.
Standing ovation. Con tutta la sala in piedi ad applaudirlo.
Grazie, caro Abdon!

Quante medaglie da Parigi 1924 a Londra 2012
Oltre ad Abdon Pamich, altri 18 atleti croati – o comunque nati sul territorio dell’odierna Croazia – hanno conquistato medaglie ai Giochi estivi gareggiando per l’Italia. E sono nell’ordine i canottieri Antonio Cattalinich, Francesco Cattalinich, Simeone Cattalinich, Giuseppe Crivelli, Pietro Ivanov, Carlo Toniatti, Latino Galasso (tutti originari di Zara), Vittorio Gliubich (Sebenico) e Bruno Sorich (Metković) bronzo nell’otto con a Parigi 1924; il pugile Ulderico Sergo (Fiume) oro nei pesi gallo, il velista Luigi De Manincor (Rovigno) oro nella classe 8 metri e il pentatleta Silvano Abbà (Rovigno) bronzo nell’individuale a Berlino 1936; i velisti Agostino Straulino e Nicolò Rode (entrambi Lussinpiccolo) oro nella classe star a Helsinki 1952 e argento a Melbourne 1956; il cestita Nikola Radulović (Zagabria) argento ad Atene 2004; i pallanuotisti Danijel Premuš (Fiume) e Deni Fiorentini (Spalato) argento a Londra 2012; il pallavolista Dragan Travica (Zagabria) bronzo a Londra 2012.
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