Fiume CEC dovrà essere ripensata

Abbiamo chiesto al capodipartimento per la Cultura della Città di Fiume, Ivan Šarar, di fare il punto sulla situazione con il progetto culturale europeo

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Fiume CEC dovrà essere ripensata

Il progetto Fiume Capitale europea della Cultura 2020 ha subito un duro colpo in seguito alla pandemia di coronavirus e non potrà essere portato avanti così com’è stato pianificato. A confermare questa triste realtà è stato anche il ministro della Cultura, Nina Obuljen Koržinek, la quale ha dichiarato che Fiume non potrà ottenere i finanziamenti previsti dal Bilancio statale per mettere in atto tutti i programmi pianificati nell’ambito del progetto Fiume CEC e che questo dovrà essere riveduto. Ad aggravare la situazione ci ha pensato pure il forte terremoto del 22 marzo a Zagabria, che ha costretto il Ministero della Cultura a rivalutare le proprie priorità. Oltre che al progetto Fiume CEC, la pandemia ha inferto un duro colpo al settore culturale in genere, il quale deve fare i conti con una drastica riduzione delle entrate in seguito alla cancellazione di tutti i programmi culturali.
​Abbiamo chiesto al capodipartimento per la Cultura della Città di Fiume, Ivan Šarar, in che modo la municipalità cercherà di salvare almeno in parte il progetto culturale europeo, nel quale sono stati finora investiti ingenti mezzi e che ha richiesto anni di lavoro”.
In seguito alla pandemia di coronavirus sono stati cancellati tutti gli eventi culturali a Fiume e non è noto fino a quando questa situazione potrebbe protrarsi. Esiste la possibilità di prolungare il progetto Fiume CEC nel corso del 2021, dal momento che la pandemia ha colpito tutta l’Europa e il mondo?
“In teoria, tale possibilità esiste, ma temo che non sia molto realistica considerato lo stato in cui si troveranno le finanze pubbliche una volta rientrata l’emergenza coronavirus. Credo che non sarebbe razionale insistere sulla realizzazione del progetto nella forma e nei contenuti originariamente previsti, nel contesto delle conseguenze finanziarie e non finanziarie che il coronavirus avrà sulla società e sulla vita in generale”.
Il progetto di edificazione del complesso Benčić prosegue, anche se un po’ a rilento. Qual è la situazione attuale e quanto potrebbe tardare l’inaugurazione delle nuove sedi culturali rispetto a quanto pianificato in precedenza? Come prosegue l’edificazione della Casa dell’Infanzia, della futura Biblioteca civica e del Palazzo della Direzione dell’ex Zuccherificio?

Ivo Hreljanović
Il capodipartimento per la Cultura, Ivan Šarar

“Gli edifici centrali nel contesto di Fiume CEC, il Palazzo della Direzione e la Casa dell’Infanzia, sono completati dal punto di vista edile. Rimangono da svolgere i lavori artigianali e l’attrezzatura degli spazi. È possibile che ci siano problemi con la fornitura di parte dell’attrezzatura e del materiale proveniente dall’estero considerata la situazione nei trasporti internazionali, ma ciò non dovrebbe influire più di tanto sul completamento dei lavori. È più difficile prevedere quando tornerà alla normalità la situazione relativa alla limitazione dei contatti sociali e al divieto di assembramenti, ma anche quando tutti noi ci sentiremo abbastanza sicuri per poter partecipare a raduni di massa, mentre l’inaugurazione dei nuovi edifici e il loro funzionamento quotidiano sottintendono proprio questo. In una variante ottimistica, il nostro desiderio sarebbe di inaugurare il Palazzo della Direzione alla fine di giugno o all’inizio di luglio, mentre la Casa dell’Infanzia all’inizio del prossimo anno scolastico, ovvero in settembre. Ritengo che pensare di farlo prima sia poco realistico”.
La pandemia di coronavirus influisce già ora sull’economia e sulle finanze. La Città di Fiume potrà finanziare il completamento del complesso Benčić come pianificato, oppure anche qui si prevedono problemi?
“Per ora non ci sono problemi con i finanziamenti, dal momento che i mezzi provengono dai fondi Ue, dal Bilancio nazionale e dall’accensione di mutui, per cui i problemi attuali nel Bilancio cittadino non influiscono su questi progetti. È inoltre un dato di fatto che i succitati progetti e il progetto di riassetto degli spazi pubblici e dell’infrastruttura si trovano in fase conclusiva, per cui questi sono in gran parte completati dal punto di vista finanziario. Ritengo che sarà così anche con la Biblioteca civica, che ha la medesima struttura di finanziamento. Personalmente credo che in un momento in cui la realizzazione del programma artistico-culturale del progetto Fiume CEC è incerta, dobbiamo concludere in maniera concentrata e razionale i progetti legati all’infrastruttura. Fermarsi ora non avrebbe senso, visto il grado di completamento dei progetti”.
Disponete di una stima dei danni economici che hanno subito il settore culturale e il progetto Fiume CEC in seguito alla pandemia?
“In questo momento è impossibile fornire stime di questo genere, soprattutto perché non sappiamo fino a quando questa situazione straordinaria si protrarrà e se questa diventerà la ‘nuova normalità’. Ovviamente, la pandemia ha danneggiato tutte le attività umane, mentre la cultura come bene pubblico, finanziato da fonti pubbliche, si troverà sicuramente colpita dall’effetto domino finanziario, che sarà la conseguenza di ammanchi in tutti i bilanci pubblici. Porteremo avanti quest’anno in condizioni di ‘guerriglia’, come tutti, e soltanto nel momento in cui inizieremo a pianificare il Bilancio per il 2021 sarà chiaro che cosa accade all’interno del settore culturale. Per quanto riguarda Fiume CEC, la pandemia ha paralizzato l’esecuzione del programma. Lavoriamo da diverse settimane alla stesura di diversi scenari di ristrutturazione del progetto. Al momento non disponiamo ancora di tutti i dati sulle possibili fonti di finanziamento, ma comunque non attendiamo che tutto passi per poi proseguire come prima. Questa non è un’opzione”.
Riesce a individuare, malgrado tutto, qualcosa di positivo nella situazione che ci ha colpiti?
“In una situazione in cui la vita quotidiana ha subito un cambiamento drastico in tutto il mondo, quando le persone muoiono e soffrono, oppure sono costrette a inventare modi completamente nuovi di esistenza da ogni punto di vista, mi sembra piuttosto cinico esprimermi su eventuali lati positivi della pandemia. Tuttavia, una volta rientrata l’emergenza e dopo che si tornerà a vivere una certa normalità, forse questa pandemia ci costringerà a riesaminare i valori sociali e personali che consideravamo dei dogmi indiscussi. Qui mi riferisco in primo luogo a valori personali come gli stili di vita e di lavoro, ma anche alla struttura della società, alle sue priorità e istituzioni. Il coronavirus ci costringerà forse a rinunciare a una gran parte di piaceri spesso assurdi della società consumistica, come pure a riesaminare che cosa sia la solidarietà in un mondo globalizzato anche per mezzo di una malattia. Molto spesso le avversità tirano fuori qualcosa di buono dalle persone, ma questa volta forse ciò non dipenderà da una scelta morale personale, bensì sarà una questione di sopravvivenza. Posso immaginare anche alcune terribili varianti distopiche di questa situazione, ma non lo farò perché mi ha chiesto di individuare i lati positivi. D’altro canto, è possibile che quest’emergenza passi e che il mondo ritorni alla ‘vecchia normalità’. Anche se quest’ultima variante mi sembra la meno realistica, non è mia intenzione fare speculazioni. In fin dei conti, queste sono soltanto delle mie riflessioni. Comunque, il mio messaggio è di essere forti e buoni in questo momento difficile”.

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