Ucraina, Ue verso unanimità su status candidato adesione

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Ucraina, Ue verso unanimità su status candidato adesione

L’Unione europea, se non ci saranno sorprese, sembra avviata a concedere all’Ucraina, in guerra con la Russia, lo status di Paese candidato all’adesione. Tra i ministri degli Affari europei riuniti oggi a Lussemburgo per il Consiglio Affari generali che prepara il summit dei leader si è registrato un “consenso totale” sulla concessione dello status di candidato all’Ucraina, come proposto dalla Commissione di Ursula von der Leyen, ha informato il segretario di Stato francese Clément Beaune. L’esecutivo Ue ha concluso venerdì scorso che sarebbe opportuno dare a Ucraina, Moldavia e Georgia una “prospettiva europea”, assegnando alle prime due lo status di Paesi candidati, a certe condizioni, e subordinando la decisione su Tbilisi alla realizzazione di una serie di riforme.

Ora la discussione passa al livello superiore, ai capi di Stato e di governo che si riuniranno nel Consiglio europeo a Bruxelles dopodomani e venerdì. Come sarà la discussione tra i leader è difficile da prevedere ma, osservano fonti diplomatiche Ue, non è credibile che venga posto il veto da qualche Paese membro su una questione politica così rilevante. Beaune ha precisato che la richiesta di adesione di ognuno dei tre Paesi verrà trattata separatamente, secondo le rispettive specificità, e che tra i ministri il “consenso totale” si è registrato per quanto riguarda la concessione dello status di Paese candidato all’Ucraina, cosa che dovrebbe avvenire “appena possibile”. La concessione dello status di candidati ai tre Paesi, e la relativa tempistica, è comunque “una cosa che discuteranno i leader”.

Beaune ha anche sottolineato che l’inizio del processo di adesione “non significa un’adesione immediata” all’Ue. Il processo per entrare nell’Ue è molto lungo, complicato e dura generalmente parecchi anni. Nel dettaglio, inizia con la presentazione al Consiglio della domanda di adesione (l’Ucraina lo ha fatto il 28 febbraio, Moldavia e Georgia il 3 marzo). Il Consiglio informa poi Commissione, Parlamento europeo e Parlamenti nazionali; a questo punto il Consiglio invita, all’unanimità, la Commissione a presentare un’opinione sulla domanda di adesione, cosa che la Commissione ha fatto venerdì scorso, sulla base dei questionari compilati dai Paesi candidati. Il Consiglio decide all’unanimità, con l’avallo del Consiglio Europeo, la concessione dello status di Paese candidato. Poi la Commissione raccomanda l’apertura dei negoziati di adesione, cosa che deve essere deliberata dal Consiglio, all’unanimità.

La Commissione elabora quindi un quadro per condurre il negoziato, quadro che va approvato dal Consiglio, sempre all’unanimità. Si tiene una conferenza intergovernativa e i negoziati vengono avviati (al Paese candidato può essere sempre chiesto di rispettare requisiti   ulteriori). Vengono poi condotti i negoziati veri e propri, in cui la Commissione esamina l’allineamento del Paese all’acquis Ue. Il processo si svolge per gruppi di capitoli; è complicato, dura anni e si conclude con la chiusura del cluster dei fondamentali, che viene chiuso per ultimo. Una volta che tutti i capitoli sono stati chiusi, allora la Commissione adotta un parere favorevole all’adesione del Paese all’Ue.

Sulla base di questa opinione, il Consiglio decide, sempre all’unanimità, di chiudere i negoziati di adesione. La chiusura del negoziato viene formalmente deliberata da una conferenza intergovernativa. Non è ancora finita, perché il trattato di adesione deve essere approvato dal Consiglio all’unanimità e dal Parlamento Europeo, a maggioranza dei suoi componenti. E deve anche essere firmato e ratificato da ciascuno degli Stati membri dell’Ue, secondo le rispettive procedure nazionali (il Ceta, il trattato commerciale con il Canada, venne per qualche tempo bloccato dalla mancata ratifica della Vallonia del socialista Paul Magnette, e lo stesso accordo di associazione Ue-Ucraina ebbe problemi di ratifica in Olanda) e dal Paese che aderisce. Dunque, il processo di adesione è tutt’altro che immediato, può essere bloccato in ogni momento e la Commissione ha sottolineato che è reversibile, a seconda che il Paese faccia progressi nella direzione voluta oppure no.

Comunque sia, l’Ue si appresta comunque a dare una “prospettiva europea” a tre Paesi ex sovietici, che hanno tutti truppe russe che occupano parti dei rispettivi territori: l’Ucraina in Crimea, nel Donbass e sulla costa sudorientale; la Georgia in Abkhazia e Ossezia del Sud; la Moldavia in Transnistria. Dare a queste tre ex repubbliche dell’Urss una prospettiva europea è una “decisione politica”, come ha sottolineato il ministro degli Esteri ceco Jan Lipavsky, che viene presa alla luce della situazione molto “speciale” determinata dall’invasione russa dell’Ucraina. A dare il segnale della svolta dell’Ue sulla concessione della prospettiva europea alle tre ex Repubbliche sovietiche sono stati Mario Draghi, Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Klaus Johannis, nel loro viaggio a Kiev della settimana scorsa. Per Beaune, l’Ue questa settimana potrebbe vivere un “momento storico”.

Questa svolta, però, ha delle “ripercussioni” immediate sui Balcani Occidentali, ha ricordato Beaune, dove ci sono Paesi, come l’Albania e la Macedonia del Nord, che da anni aspettano l’avvio dei negoziati di adesione, per i quali sono entrambi  “pronti”, ha ricordato il vicepresidente della Commissione Maros Sefcovic. Proprio per rassicurare questi Paesi, che rischiano di venire ‘sorpassati’ per via della guerra in Ucraina, il Consiglio Europeo sarà preceduto, giovedì mattina, da un summit tra Ue e Balcani Occidentali: nella bozza delle conclusioni del Consiglio Europeo viene dedicato ampio spazio a questo tema, con sei paragrafi, in cui si esprime il “pieno impegno” dell’Ue per la “inequivocabile” prospettiva di adesione dei Paesi dei Balcani Occidentali e si invoca “l’accelerazione” del processo.

Un paragrafo è dedicato alle trattative tra Bulgaria e Macedonia del Nord. La presidenza francese sta “lavorando”, ha detto Beaune, per rimuovere il veto posto da Sofia all’avvio dei negoziati di adesione con la Macedonia del Nord, con la quale ha relazioni piuttosto tese anche per via della minoranza bulgara che vive in terra macedone. Il politico francese ha però aggiunto che occorrerà “lavorare” sulla questione, dato che a Sofia sono in corso “sensibili” avvenimenti di politica interna (domani il governo di Kiril Petkov deve affrontare una mozione di sfiducia in Parlamento).

Oltre alle ripercussioni sui Balcani Occidentali, la prospettiva europea di Ucraina, Moldavia e Georgia apre, a tendere, un problema anche sul funzionamento dell’Ue. Oggi l’Unione ha 27 Stati e non poche decisioni vengono bloccate, a causa della regola dell’unanimità: l’Ungheria, per esempio, ha stoppato per un mese le sanzioni sul petrolio russo e continua a impedire l’accordo sulla tassazione minima delle multinazionali, ma non è l’unico esempio (Cipro tenne in ostaggio le sanzioni alla Bielorussia per ottenere una linea più assertiva contro la Turchia). E’ evidente a molti, a Bruxelles e nelle capitali, che un’Unione a 30-34 Paesi sarebbe ancora meno efficiente. Senza contare che l’Ucraina è un Paese grande, con 44 mln di abitanti: per come funziona l’Ue, sarebbe un membro importante ed influente. E’ però anche ricco di materie prime importanti per la transizione ecologica, come ha notato il vicepresidente Frans Timmermans. Anche per questo, i leader discuteranno della proposta avanzata dal presidente francese Emmanuel Macron di creare una Comunità politica europea, un secondo anello intorno all’Ue, più lasco, per organizzare lo spazio tra l’Ue e la Federazione Russa. Una Comunità che non sarebbe “alternativa” alla prospettiva europea dei Paesi candidati e candidandi, ha specificato Beaune, bensì “complementare”.

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