(Adnkronos) –
Quando è arrivato in Italia dalla Bosnia, Aladin Hodzic aveva 5 anni. Era il 1995 e scappava da Bihac, Bosnia, dove perse la gamba destra a causa di una granata serba. La sua foto in pantaloncini rossi e maglia blu scattata a Budrio, mentre cammina su un paio di mini stampelle gialle, divenne il simbolo del conflitto. Oggi Aladin, che vive a Pieve di Cento (Bo) con sua moglie e sua figlia, non riesce a restare indifferente alle immagini dolorose che arrivano dall’Ucraina e che lo riportano indietro nel tempo. “Seguo questa crisi dal primo giorno – confessa all’AdnKronos – non è semplice, oltre ad averla già vissuta rievoco un passato non dei migliori. Non è facile pensare alle persone che sono sotto le bombe in questo momento. Donne, bambini, anziani, civili che stanno lì sperando che non succeda altro. Vedendo cosa sta accadendo in Ucraina, con l’ospedale pediatrico bombardato, non resto indifferente, è uno schifo”.
Ricordi della guerra in Bosnia non ne ha molti: “Ero molto piccolo, sono pochi e confusi” ma vedere scene simili in Ucraina “mi dà un senso di malessere e ansia” ammette. Ogni giorno pensa a quello che sta accadendo al popolo ucraino: “C’è sempre il pensiero che le cose peggiorino ma spero di no – sottolinea Aladin -. Non sono situazioni facili, soprattutto per chi ha vissuto un’esperienza simile. Non si resta indifferenti. Vale per la guerra in Ucraina e per tutte le guerre nel mondo”.
Oggi Aladin ha 31 anni, è sposato, ha una figlia e lavora in una cooperativa sociale che si occupa di raccolta dei rifiuti e che aiuta le persone con un passato difficile a reinserirsi nella società. “Io cerco sempre di pensare alla guerra il giusto – chiosa -. Non dico che rimango distaccato ma comunque cerco di non stare attaccato alla tv, a rimuginare su quello che accade. Quello che posso dire è che mi dispiace per tutte queste persone che soffrono, i bambini che piangono e scappano dal proprio Paese. Vedremo come andrà a finire, spero nel migliore dei modi, con poche vittime”.
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