Nato, accordo con Turchia per ingresso Svezia e Finlandia

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Nato, accordo con Turchia per ingresso Svezia e Finlandia

Accordo sull’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. Firmato a Madrid tra l’Alleanza, la Turchia, la Svezia e la Finlandia un memorandum sull’ingresso dei due Paesi nordici. La firma è avvenuta alla presenza del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, del presidente finlandese Sauli Niinisto e della premier svedese Margaret Andersson, al termine di una riunione durata quasi quattro ore. 

“Abbiamo l’accordo per l’ingresso di Svezia e Finlandia. Il memorandum firmato risponde alle preoccupazioni della Turchia sulla lotta al terrorismo e l’esportazione di armi”, l’annuncio di Stoltenberg, in una conferenza stampa a Madrid, dopo gli “incontri costruttivi” oggi tra i leader di tre Paesi. “Nessun alleato ha sofferto più della Turchia per i brutali attacchi terroristici, tra cui quelli del Pkk”, sottolinea. 

Il memorandum d’intesa, grazie al quale Ankara ha ritirato il suo veto all’adesione dei due Paesi alla Nato, contiene “l’impegno a sostenersi reciprocamente contro le minacce alla sicurezza di ciascun paese”, si legge in una dichiarazione del presidente finlandese Niinisto che ribadisce “la condanna del terrorismo in tutte le sue forme”. “I passi concreti per la nostra adesione alla Nato saranno concordati tra gli alleati nei prossimi due giorni”, aggiunge. 

LA NUOVA NATO – Tra la “minaccia” russa e la “sfida” cinese, la Nato ‘si trasforma’ per adattarsi a “un mondo più pericoloso e imprevedibile” come ha dimostrato la guerra in Ucraina, che ha rivitalizzato un’Alleanza della quale tre anni fa Emmanuel Macron aveva denunciato la “morte cerebrale” e ha rimesso in moto l’allargamento, con la fine della neutralità di Svezia e Finlandia. 

Preceduto dalla cena a Palazzo reale offerta ai leader da re Felipe VI, si apre il 29 giugno a Madrid il vertice che darà il via libera a un nuovo pacchetto di assistenza all’Ucraina, moltiplicherà “fino a ben oltre 300mila” le forze di reazione rapida (adesso sono 40mila) e approverà il nuovo Concetto strategico, 12 anni dopo l’utlimo. 

Un Concetto strategico nel quale la Russia viene indicata come “la minaccia più diretta e significativa” alla sicurezza degli alleati – alla fine di una parabola lunga un decennio iniziata con Mosca “partner strategico” – ed entra per la prima volta anche la Cina, definita “una sfida ai nostri interessi, sicurezza e valori”. Non è un caso che a Madrid siano invitati anche i leader di quattro Paesi dell’Indo pacifico (Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone), regione nella quale si è fatta più forte la “competizione strategica” con Pechino.  

Ma c’è posto anche per il
clima, come sottolineato dal segretario generale Stoltenberg, per il quale i cambiamenti climatici, “dall’Artico al Sahel, sono un moltiplicatore di crisi”. E allora l’Alleanza, per la prima volta, fissa i suoi obiettivi per il clima, “una riduzione del 45% delle emissioni entro il 2030 e zero emissioni nette entro il 2050”, anche nella convinzione, sostiene Stoltenberg, che meno dipendenti saranno dai combustibili fossili “più efficienti e resilienti” saranno le Forze armate dei Paesi alleati. 

Ridurre la dipendenza dalle energie fossili significa ridurre la dipendenza dalla Russia, che è la sola responsabile dell’aumento dei prezzi del petrolio e del gas. “Le conseguenze dell’aggressione brutale russa contro una nazione sovrana e indipendente sono riflesse sui mercati dell’energia e dei generi alimentari e il responsabile è il presidente Putin”, denuncia Stoltenberg, ribadendo che “non sono le sanzioni degli alleati ad aver provocato il blocco dell’export del grano ma è la guerra”. 

Certo, ammette, “europei ed alleati stanno pagando un prezzo” per le misure che hanno approvato nelle settimane scorse, “ma è un prezzo più basso di quello che pagheremmo se non contrastassimo Putin, è il prezzo per la libertà e per preservare l’ordine internazionale e garantire che Putin capisca la lezione di questa guerra, quella di non utilizzare la forza bruta e l’aggressione”. 

Intanto, però, la Nato si ‘riarma’, aumentando a 300mila le forze di reazione rapida, con un occhio particolare al fronte est, dove i battaglioni, attualmente composti da 1-1.500 uomini, diventeranno brigate, quasi triplicando gli effettivi. L’attenzione al fronte est, tuttavia, non distoglie da quella per il fronte sud, cui tiene in particolar modo l’Italia, ma anche Francia e Spagna. “L’approccio è a 360 gradi, non c’è più la contrapposizione fra est e sud – spiegano all’Adnkronos fonti diplomatiche – Tutti i temi di crisi sono collegati tra loro, l’instabilità, il terrorismo, le migrazioni, l’insicurezza alimentare provocata dalla Russia, i cambiamenti climatici”. 

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