Quel biondino degli 883 i cui nonni erano fiumani

Lo spunto per parlare di Mauro Repetto arriva da un interessante servizio pubblicato di recente dalla testata giornalistica Dude Mag a firma di Olga Campofreda

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Quel biondino degli 883 i cui nonni erano fiumani

Dov’è finito Mauro Repetto, il biondino dei celeberrimi 883 che con “Hanno ucciso l’uomo ragno” nella lontana estate del 1992 insieme all’amico Max Pezzali spopolò nelle discoteche in Italia e in tutto il mondo, divenendo il simbolo di una generazione? In questi ultimi anni se lo sono chiesti in molti. E perché mai noi ne parliamo in questa nostra rubrica? Ma perché Mauro, seppur nato a Genova (il 26 dicembre del 1968) e poi stabilitosi con sua madre e suo padre a Pavia, ha origini fiumane. I nonni di parte materna di Repetto erano Antonio Slajmer e Miranda Segnan, entrambi “fiumani patochi”, esuli a Genova, oggi purtroppo scomparsi, tanto orgogliosi della loro città natale da avere influenzato non poco con le loro radici anche la mamma di Mauro, Margherita, e sua sorella e zia di Mauro, Silvia. In casa, infatti, con i genitori, entrambe le figlie parlavano in dialetto fiumano e anche Mauro, da bambino, lo masticava, soprattutto con i nonni che lo adoravano.

Lo spunto per parlarne arriva da un interessante servizio pubblicato pochi giorni fa dalla testata giornalistica Dude Mag a firma di Olga Campofreda. Nel periglio della Rete – si rileva nella pagina principale di questa rivista trimestrale di cultura, cinema e arti visive fondata da Andrea Pergola nel maggio del 2011 e della cui direzione editoriale fanno parte Emanuele Atturo, Olga Campofreda e Edoardo Vitale –, Dude Mag è “l’atlante per orientarsi tra il guazzabuglio della produzione culturale telematica e le piccole zone d’ombra, alla ricerca di preziose gemme, conversazioni, galanterie che troppo spesso si nascondono ai margini delle strade più battute”.

Come diventare fantasma

Olga Campofreda vive a Londra, dove ha conseguito un PhD in Italian studies (UCL). Come ricercatrice si occupa di rappresentazione della giovinezza e romanzo di formazione, controcultura e culture giovanili. È autrice di una monografia. I suoi articoli sono apparsi su Doppiozero, minima&moralia, Ultimo Uomo, Zarina newsletter, La Balena Bianca, Dude Mag. Collabora con il Festival of Italian Literature in London (FILL). Lavora per la nazionale di scherma della Gran Bretagna.

Il titolo del servizio su Mauro Repetto, che senza timore di sorta oseremmo definire per metà fiumano (l’altra è pavese per parte del padre Elio), è “Come diventare fantasma: storia vera di Mauro Repetto (e un po’ di leggenda). Miti a bassa intensità”.

“A un certo punto, alle soglie dell’età adulta, la mia vita è stata scossa da un’ossessione: quella di rintracciare una popstar scomparsa dal mondo dello spettacolo italiano da più di vent’anni”, scrive l’autrice. “Era una fissazione che non riuscivo a spiegarmi, ma – prosegue –che era a tal punto cresciuta in me da essere diventata un tratto ben distinto della mia personalità… Quando penso alla storia di Mauro Repetto mi viene in mente il mito di Icaro, il giovane che voleva volare in alto con un paio di ali di cera e con quelle – amante solo dell’eccesso – si spinse sempre più vicino al sole… Quello di Repetto – direbbe lo studioso Peppino Ortoleva – è un ‘mito a bassa intensità’, un mito moderno nato nella società dei consumi, e proprio per questa natura mitica la sua vicenda è dura a essere dimenticata”, scrive ancora Olga Campofreda e fa un po’ la cronistoria della “scomparsa” del celebre cantante.

“Sono le vacanze di Pasqua del 1994 e gli 883 stanno preparando un nuovo album, il terzo, dopo aver rilasciato una raccolta remix dei loro precedenti successi che avrebbe raggiunto le 270mila copie. A sessione finita Mauro Repetto dice all’amico e frontman Max Pezzali che non sarebbe tornato in studio di registrazione la settimana successiva. Lo fa così, senza fornire ulteriori spiegazioni e se ne va. Da quel momento Pezzali prosegue da solo e del “biondino degli 883” per un po’ si perdono le tracce”…

Gli inizi della storia del duo

“Anche se è rimasto fuori dalle scene per lungo tempo, il nome di Mauro Repetto non ha mai perso in popolarità, soprattutto in certi ambienti della scena musicale underground… Repetto aveva esordito accanto a Max Pezzali già nel 1988 sul palco del programma 1,2,3 Jovanotti, trasmesso su Italia Uno e registrato al Rolling Stone di Milano – ricorda l’autrice –. A questo punto i due ragazzi di Pavia stanno ancora sperimentando, per l’occasione si fanno chiamare I Pop e cantano una canzone scritta da loro in inglese – Live in the Music – che assomiglia a un pezzo dei Beastie Boys ed è piena di oh, hey, yeah che accendono il pubblico. In quel momento non c’è un leader, non c’è una spalla: sono due amici vestiti con una giacca di pelle e un giubbino da baseball, gli occhiali e i cappellini sulla testa che a stento li rendono riconoscibili, secondo una moda che forse entrambi credono appartenere ai rapper americani di quel periodo, quello di Michael Jordan coi Chicago Bulls. Per arrivare agli 883 ci vorranno due anni, un periodo giusto e necessario ad abbandonare i panni degli altri per indossare i propri. La coppia Repetto-Pezzali comincia a comporre in italiano e all’interno di una cameretta di Pavia prendono vita così i due album più iconici degli anni novanta italiani: ‘Hanno ucciso l’uomo ragno’ (1992) e ‘Nord, Sud, Ovest, Est’ (1993)…

“In quegli anni Mauro Repetto accanto all’amico ha coperto i palchi dei programmi televisivi più in vista d’Italia: mentre Pezzali cantava timidamente, con le braccia pesanti e impacciate adiacenti al corpo semi immobile, Repetto invece ballava, ballava come un forsennato muovendosi per entrambi, i capelli biondi a mezza lunghezza che gli andavano sulla faccia, le braccia e il bacino che sembravano essere ovunque. Repetto ‘il biondino, Repetto ‘il ballerino’. Nell’immaginario italiano diventa subito simbolo di nonsense: perché se ne sta lì? Qual è il suo ruolo? Si chiedevano le persone da casa, e a chiederselo erano anche i produttori, il team di Claudio Cecchetto che a un certo punto considerò l’ipotesi di sostituirlo con un altro talento rampante di quegli anni, Rosario Fiorello, perché potesse almeno cantare, mentre Repetto avrebbe continuato a scrivere”.

Molla tutto e se ne va a New York

“Molliamo tutto e ce ne andiamo a New York, dice un verso di Con un deca (1992), una canzone in cui i ragazzi si lamentano dei claustrofobici giri nel piccolo centro con due discoteche e centosei farmacie. Così a un certo punto Mauro Repetto decide di fare quello che aveva in mente da sempre, fin dall’inizio, da quando ragazzino a pancia in sotto passava pomeriggi a guardare la tv: solo in America avrebbe potuto essere sé stesso. E questa volta, grazie al successo degli 883, sarebbe partito con molto più di un deca”.

A questo punto arriva la cronaca dell’incontro a tu per tu tra Repetto e l’autrice, della quale riportiamo una parte.

“All’inizio si fatica a riconoscerlo – spiega Olga Campofreda –; ha le spalle grandi di un culturista e i capelli corti, che non può più muovere sulla faccia con colpi sinuosi e ribelli, come faceva nei frame di Sei un mito”…

“Ma cos’era successo in tutto questo tempo? Tra quelle vacanze di Pasqua del 1994 e l’estate del 2012, che cosa si era nascosto dietro la leggenda di Mauro Repetto?”

“Parte della sua rocambolesca storia se ne sta sotto gli occhi di tutti nel suo primo e unico album da solista pubblicato nel 1995 dal titolo ‘Zucchero filato nero’. Il disco è un documento da cui è possibile ricavare informazioni sul periodo successivo alla separazione dall’amico Max. In particolare, la canzone Brandi’s Smile racconta di quando Mauro si è messo su un aereo per New York alla ricerca di una modella di nome Brandi, per la quale aveva perso la testa dopo averla vista su un giornale durante la Settimana della Moda di Milano. Il suo sogno era quello di fare un film e scritturarla come protagonista, poi ovviamente conquistare il suo amore… “Dopo aver perso tutti i soldi affidati a un sedicente avvocato, l’ex popstar si iscrive alla New York Film Academy, poi rientra in Italia. La corsa alla frontiera si era ridotta a un fallimento, ma Gatsby-Repetto era riuscito a tenersi stretta la pelle cambiandola. È a questo punto che la storia sfuma in aneddotica e si trasforma in leggenda metropolitana. In quegli anni, del resto, non era molto difficile mettere in giro strane voci, come quella che Mauro Repetto fosse finito a Disneyland Paris e, imprigionato in un costume da Pippo, si desse da fare nelle parate su Main Street. La verità però è un’altra e neanche troppo distante: Mauro Repetto faceva il Cow boy, poi – ci tiene a specificare – si è occupato della produzione di Special Events, ma solo dopo la laurea in lettere all’Università di Pavia: indirizzo cinema, con una tesi su Eros & Tanatos nelle toilette nei film di Brian De Palma”.

L’incontro a Parigi

“Queste cose – spiega Olga Campofreda – me le racconta lui in persona, quando finalmente – un anno dopo l’inizio delle mie ricerche – sono riuscita a incontrarlo a Parigi nella primavera del 2013…

“Abbiamo cominciato col parlare di cinema, poi, a poco, a poco, sono riuscita a portare il discorso sulla questione che mi stava a cuore. La sua voce, col suo inconfondibile accento di Pavia, è ancora impressa sul nastro del mio registratore a quasi dieci anni di distanza”…

“Mi mostra le foto dei suoi figli: una bambina che si stringe da sola in un abbraccio, accanto alla Venere di Milo che non mi è mai sembrata più sola; un bambino sul lungomare di Miami Beach, con gli occhiali scuri e un broncio da rapper. Il giorno in cui ho incontrato Mauro Repetto ho creato un corto circuito tra il mito e l’uomo, venendo meno a uno dei punti fondamentali che tiene insieme miti moderni e miti del passato: l’assenza dal mondo, l’esistenza in un universo sospeso…”.

Il bisogno improvviso di sparire

Segue un interessante dialogo tra l’autrice e Repetto: “Hai mai fatto caso a quelle persone silenziose che se ne stanno sedute in metropolitana e a stento ti accorgi della loro presenza? O sui cavalcavia, questa gente che osserva le macchine passare e se ne stanno lì, immobili solo a guardare senza essere viste? – dice Repetto alla Campofreda –. Mi sono immaginato che quelle persone avessero preso un corso su Come diventare fantasma. Non ne potevano più delle loro vite e avevano sentito il bisogno improvviso di sparire, pulviscolizzarsi. Che bella maniera di ricaricare le batterie quella di sparire prima di diventare finalmente qualcuno”.

“Come diventare fantasma. Sparire. In un mondo iperconnesso, dove la condivisione del privato si è imposta come norma e ogni cittadino medio è diventato un personaggio pubblico, sparire, mettersi da parte, è un atto rivoluzionario”, racconta Mauro a Olga.

“Per anni ho tenuto dentro di me il ricordo di quest’incontro come qualcosa di surreale, a tratti stentando a credere che fosse realmente avvenuto. Quando un giorno, lontano nel tempo e nello spazio, ho ritrovato i nastri che per anni avevano custodito le parole del nostro incontro, gli ho scritto di nuovo – conclude Olga Campofreda –. Sembrava felice di sentirmi e a saperlo bene sono stata bene anch’io. Gli ho ricordato, scherzando, ma non troppo, che nel 2022 sarebbero passati trent’anni dalla morte dell’Uomo Ragno. ‘La scriviamo questa storia?’ Gli ho chiesto, scherzando, ma non troppo. E lui, il supereroe che sempre e solo guarda avanti e mai al passato, ha detto no. Le biografie, mi ha ricordato, puzzano di mutande vecchie, sono solo per i morti, e lui come artista sta appena cominciando”.

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